Lezioni e Racconti per i bambini | Page 4

Ida Baccini
bestia tanto per bene! Io non potrei, neanche a campar cent'anni, fare una sola delle tante cose di cui è capace un bove. Io non ho la sua forza, nè....
--Figliuolo mio, il confronto non regge. L'uomo non può nè dev'esser paragonato alla bestia. Egli ha l'intelligenza, la ragione e quindi la scelta tra ciò che è bene e ciò che è male. L'uomo non potrebbe, è vero, sobbarcarsi alle fatiche del bove; ma colla forza della sua volontà e del suo genio, rende fertili le terre meno ospitali, traversa l'oceano sopra fragili barche, abbatte e fora i monti, conta le stelle del firmamento e inventa macchine portentose.
Quel bambino ha dunque avuto torto dandoti del bue, prima perchè aveva l'intenzione di darti un dispiacere, poi perchè non c'è nessun termine di confronto fra una povera bestia, i cui occhi sono sempre condannati a guardar la terra, e l'uomo che può e deve sollevarli al cielo, e dal cielo a Dio. Ma tu devi scusare quel bambino e provargli, perdonandogli, che non sei un bue.
* * * * *
1. Perchè Attilio aveva il broncio?
2. Com'è fatto il bove?
3. A che serve il bove?
4. Che cos'è il giogo?
5. Come si chiama la femmina del bove?
6. Di che cosa si nutrono i bovi e le vacche?
7. Che cosa vuol dir ruminare?
8. Come si chiamano i figliuoli della vacca, finchè sono piccoli?
9. Chi ci procura il latte? Come si fa il burro?
10. Quali vantaggi riceviamo dai bovi e dalle vacche?

Un regalo.
--Fra otto giorni è la festa di Manfredo, diceva l'Ida alla sua mamma. Non so proprio che cosa dargli: vedi, mamma, tu dovresti comprarmi qualche bel gingillino di suo gusto: così mi farei onore e lo contenterei.
--In questo caso, figliuola mia, il regalo lo farei io e non tu.
--è vero anche cotesto. Ma se non ho nulla che possa piacergli!
--Vediamo un po': hai una bella pianta di viole...
--Il violo! Ti pare? Di dove prenderei i fiori per farti i mazzolini? Quello non lo posso dar via.
[Illustration]
--Hai il passerotto!
--Oh mamma! Il passerotto? Un passerotto ammaestrato tanto bene, che mi vien dietro da per tutto!
--E le tortorine?
--Anche quelle, lo sai bene, le ho, si può dire rilevate da me, fino da quando uscirono dall'uovo. Le chiamo le mie figliuole.
--Dunque non hai proprio nulla da dare al povero Manfredo!
--Per quello sì! Ci avrei....
--Che cosa?
--Te ne rammenti di quella bella borsa di seta rossa traforata che mi regalò la zia, anno, per ceppo? è una gran bella borsa!
--è vero. Ma cosa vuoi che ne faccia il tuo fratellino? Egli non ha denari, nè potrebbe quindi adoprarla. Anche tu, appena la ricevesti, corresti subito a buttarla nel fondo del cassettone.
--Scusa, mamma, ma la borsa sarebbe un bel regalino!
--No, figliuola: un regalo, a voler che sia bello deve piacere a noi: e far piacere a chi lo riceve.
--Dunque, a detta tua, io dovrei regalare a Manfredo tutte le cose che mi sono care!
--Tutte, no. Una sola basterebbe!
L'Ida riflettè un momento e disse:
--Quand'è così coglierò, per la festa di Manfredo, i più bei fiorellini della mia pianta, e gli regalerò il passerotto.
--Brava bambina! Lo dicevo tra me che la mia Ida ha buon cuore!
--Aspetta: cominciando da oggi, voglio che il passerotto si avvezzi a volar sulla spalla di Manfredo: così gli si affezionerà, e quando glie lo regalerò, lo gradirà di più.
--Dammi un bacio, figliuolina mia amorosa. Quest'attenzione gentile raddoppia il valore del tuo regalo. Vedi, cara: è il cuore quello che rende prezioso il dono più umile. Ti assicuro che non potresti fare un regalo più bello a Manfredo ed a me.
--Anch'io sono contenta, disse la bambina.
--E lo sarai ancor più il giorno della festa, riprese la signora Maria: ho intenzione di dare una merendina a Manfredo e d'invitare tutti i suoi amici. Tu, s'intende, ne farai gli onori, e ti comporterai da quella donnina giudiziosa e assennata che sei sempre stata. L'hai caro?
L'Ida dette un bacio alla mamma e corse in camera sua a dare un seme al passerotto. Curiosa! Non le era mai parso tanto bellino!

I sassi.
Si baloccavano tutti e due: Carlo raccattava i sassolini e Dario li distribuiva in piccoli quadrati, in archi, in tondi, in angoli. La mamma, seduta sulla panchina accanto, lavorava, e di quando in quando dava un'occhiata ai suoi figliuoletti.
Tra quei sassolini ce n'erano dei graziosi, tanto per forma come per colore; alcuni erano piccini, rotondi, lisci, e neri: altri, più grossetti, apparivano screziati di rosso, di verde e di giallo.
Carlo domandò a Dario:
--Lo sai, tu, di dove si levano questi sassolini?
--No, ma saranno venuti da sè.
--Dinne delle grosse! Venuti da sè! Come devono fare a venire da sè? Li hai presi per piante? Già neppure le piante vengono da sè: bisogna seminarle e....
--Seminarle! Sta a vedere che tutta l'erbaccia inutile che cresce tra i crepacci delle vecchie mura e ne' giardini abbandonati, è
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