Le nostalgie | Page 9

Luigi Gualdo
sa
sulla cervice
Dell'uom posare e renderlo felice).
Ella è possente, e
se bella non fosse
Col terror frenerebbe le sommosse;
E come un
uomo ella saprìa regnare
E ricever l'incenso dell'altare.
Ed anco è
bella, e se non fosse forte
Padrona pur sarebbe della sorte,
E senza
scettro ella potrìa guidare
La moltitudin cui dal monte al mare

Abbaglia il ritmo di sue forme e il truce
Occhio languente dall'arcana
luce.
Ella non teme alcun rivale e sfida
Che il più grande l'offenda o la
derida,
E non paventa alcun Iddio e china
Non si prostra ad alcun,
poichè è divina.
Sapïente, l'immenso impero regge
E per sè non
conosce alcuna legge
E frena il mondo e non subisce freno.
--E

quando passa, alta e scoperto il seno
Marmoreo e bruno e coronata in
fronte,
Porta la gloria alteramente e l'onte.
Prostràti al suolo cristïani e mori
Miran tacendo i mostruosi amori

Cui potenza e talento ognor la spinge--
E i suoi desir stupiscono la
sfinge
Che sogna sempre nella sabbia avvinta
Dall'immenso
silenzio intorno cinta.
Ella tutto provò. Nei più segreti
Abissi del piacer con gl'inquieti

Sensi seguì la mente che galoppa,
La fantasia malsana; e nella coppa

Cercò l'ultima goccia. E tutto il campo
Del possibile scorse (come
lampo
Che ovunque guizza) e lo trovò assai vasto,
Ma limitato.
Nulla m'è rimasto?
Disse sognando, e con la sua possanza,
Con
l'ingegno che annulla la distanza,
Con la muta scïenza della carne,
I
toccati confin vuole allargarne.
Si risovvenne ed inventò. La storia
Le fu maestra, ma ad infame
gloria
Peggiore ell'è d'ogni regina; strinse
Più stretti i nodi alla
chimera e vinse
Semiramide stessa invidïosa
Nel superbo sepolcro.
A mente che osa
Aiutata dall'oro e dal potere
Natura cede.
E nelle calde sere
Perfino il puro ciel complice anch'esso
Parea
s'inebbriasse, a lei sommesso
Con le infinite stelle. Ed ella in alto

Guardava meditando un qualche assalto
Per convertire coi desiri
occulti
Il firmamento ad infernali culti.
Lo spirto suo è astuto, ardito e pazzo.
--Talor sdraiata in sull'alto
terrazzo,
Talor seguente in mare le sue flotte--
Ora voluttüosa in
lunga notte
Lontan dal sole nel gioir si affoga,
Ora il nemico di sua
man soggioga.
Brevi battaglie lampeggianti adora
Ed orgie senza
termine in cui l'ora
Passa obliata--Poi con regal calma

Ozïosa sogna
all'ombra d'una palma.
0. *

Ella tornava un dì da una vittoria
Suprema, cinta d'abbagliante gloria.

E bella al par d'una immortai guerriera...
Il suo serto splendeva
nella sera
Siccome un sol notturno sulla terra,
E il popol suo e
quello vinto in guerra
Tremavano davanti al suo passaggio.
Ed il
cielo taceva sovra il maggio
Fiorito e caldo, e la città giuliva

Fiammeggiante brillava sulla riva,
Accesa tutta da un delirio immane,

Vivente mare fatto d'onde umane,
Sul re captivo ella teneva fise
Le sue pupille.
Ella l'amò e l'uccise.
Dei prigionieri poi fissò la sorte;
Prescrisse strane leggi; ogni coorte

Vide sfilare in una polve d'oro.
I serti vinti chiuse nel tesoro
E
prodigò le gemme. Poi le sale
E i cortili s'aprirò a colossale
Festa.
Nel colmo del gioir furente,
Ella scomparve. Andò per la silente

Aperta scala al sommo del palazzo
D'onde scorgeva l'assordante e
pazzo
Spettacolo dell'orgia impicciolito.
E allor pensò, pensò con
infinito
Ardire. Ed un desìo sentì dolente
E acuto; e assorta sulla
sala ardente,
Che avea per vôlta il cielo imperturbato,
Ora volgeva
l'occhio ancor velato
Da torve ebbrezze, ora mirava invece
Le
calme stelle scintillanti. Fece
Un gesto stanco, indi la mano stese
E lentamente una gran coppa
prese,
E la vuotò con un gesto demente.
S'accese la pupilla
stranamente,
Sparì dinanzi agli occhi suoi la festa,
Curvossi indietro
la sua bella testa
Smorta e bramosa sotto il diadema,
E cadde morta
in una ebbrezza estrema.
XIV.
LA BARCA
Vidi una rotta barca sopra l'umida
Spiaggia caduta, e giunta ai giorni

estremi;
Dall'albero pendea una vela lacera,
Eran perduti i remi.
Smarrito è ormai il vessillo che fluttua,
Franto il timon, le sarte--e la
sirena
Scolpita sulla prua, ridente al pèlago,
Ahi! giace nella rena.
E gli arabeschi, e le dorate, ingenue
Pitture son raschiate, e nulla resta

Della prima parvenza e del bell'impeto
Delle sere di festa.
Triste rovina avvolta nella polvere,
Pur bella ancora per le svelte
forme!
--Simile all'uom che all'avvenire torbido
Stanco rinunzia e dorme.
Tra le nubi del ciel, beffardo irrompere
Scorgeasi un raggio sulla terra
serena.
Guardai. Sconnesse erano ormai le fradicie
Coste della carena.
Era quella la barca che l'oceano
Dovea meco solcar cercando i lidi

Dove viviam felici nell'orgoglio
Dei sentimenti fidi.
Era quello il navilio delle fervide
Speranze nelle imprese ardimentose

Per cui s'attese invan vento propizio
Mentre appassian le rose.
Non indugiate mai, voi che la gondola
Tenete in riva pronta per
salpare.
Furioso irride con lo scherno orribile

Agli aspettanti il mare.
Varate pur tra la bufera rapida
In tra i lampi ed i tuoni e le saette,

Fidate pur le vostre gioie al turbine,
A un fragil alber strette!
Per chi parte tra i fulmini e le tenebre,
Sfidando il mar con una fede
ardita,
Spesso si snebbia il cielo e azzurro illumina
Una novella vita.
XV.
. . . . .
Alta e superba nella sculturale
Perfezïon delle sue forme pure,
Pare
una statua greca--eppur sa il male
Delle tristezze oscure.
Divine son le linee del suo volto,
Le curve altere della sua persona.

--Nel bianco petto è un cor che soffrì molto
E al soffrir s'abbandona.
Invano nel mirare il suo profilo
Scorre
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