«canchero».
CRICCA. Il granchio lo prendete voi e il canchero!
ALBUMAZAR. ... egli è morto, mortissimo, perché il raggio direttorio
è gionto alla casa sesta,...
CRICCA. Dice che vi bisogna far un rottorio dietro la testa, perché
purghi li mali umori.
ALBUMAZAR. ... e negli luoghi della morte è gionto il suo afelio,...
CRICCA. Poveretto! dice che è morto e fete!
ALBUMAZAR. ... e passa dal tropico estivale all'iemale....
CRICCA. È stropicciato e lo stivale li fa male!
ALBUMAZAR. ... E giá la luna scema se ne va alla volta di
Capricorno.
CRICCA. Guardatevi, padrone, tôr cotal moglie! quando la luna scema
è cornuta e va al capricorno, vi minacciano corna: sarete un cornucopia.
ALBUMAZAR. Tu sei pazzo e presentuoso; e se non ti emendi, ti farò
pentire della tua pazzia e prosunzione!
PANDOLFO. Taci, bestia! quei vocabuli sono arabichi e turcheschi.
CRICCA. Astrologo, di che ciera ti paro io?
ALBUMAZAR. Ho visto mille appicati in vita mia, ma non ho veduto
la piú maladetta e scommunicata fisonomia e ciera della tua; e se tu
fossi un poco piú alto da terra, direi che sei stato appicato giá. Ma se
ben mi ricordo, vidi l'altro giorno uno che s'andava scopando per la
cittá: o tu sei esso o egli te.
CRICCA. S'ho cattiva cera di fuori, dentro ho buono miele.
ALBUMAZAR. Cera da far candele: la forca prolongar la potrai ma
non scampare!--Ma ditemi: costui è vostro servo?
PANDOLFO. Si bene.
ALBUMAZAR. Fate sonare la campana a mortorio.
PANDOLFO. Ancor non è morto.
ALBUMAZAR. Sará ucciso fra poco e li sará passato il cuore da mille
punte. E cosí conoscerai se sono buono o cattivo astrologo; e quando
l'avrai scampata, allor schernisci me e la potentissima arte
dell'astrologia.
PANDOLFO. Padron caro, non mirate costui che è mezzo buffone, e
però ha preso con voi questa confidanza. La prego per lo suo valore che
non miri la costui pazzia; e rimediate se potete.
SCENA V.
RONCA, ARPIONE, CRICCA, PANDOLFO, ALBUMAZAR.
RONCA. Ah, traditore, fermati, dove vai?
ARPIONE. Sarò io cosí assassinato da voi?
CRICCA. Ah, di grazia, signor Albumazzaro!
ALBUMAZAR. Non te lo dissi io?
RONCA. Non ti lasciarò mai se non ti farò passare il cuor di mille
punture.
ARPIONE. In mezzo la strada, di giorno, assassinio sí grande!
RONCA. Tu non scapperai vivo dalle mie mani.
ARPIONE. A me questa, eh?
CRICCA. Misericordia misericordia!
RONCA. Fuggi quanto vuoi, ché noi ti giungeremo, traditoraccio.
CRICCA. Oh oh!
PANDOLFO. Cricca, che hai che gridi cosí forte?
CRICCA. Son morto, non mi date piú, son morto giá!
PANDOLFO. Come sei morto se tu parli?
CRICCA. Poco ci manca a morire, ci è rimasto un poco di spirito.
PANDOLFO. Che hai?
CRICCA. Sono trafitto da piú di mille punte di pugnale e di spade: di
grazia, mandate per un cerusico!
PANDOLFO. Non temer, no.
CRICCA. Non vedete che ho piú buchi nel corpo che un crivello? il
sangue, le budella, il fegato, il polmone e il cuore sono tutti fuora.
PANDOLFO. Alzati, ché sei sano.
CRICCA. Come sano se ho piú di centomila ferite?
PANDOLFO. Ove son le ferite, ove i buchi? ti ho tòcco pur tutto e non
ci è nulla.
CRICCA. Son tutto una ferita, tutto un buco, ogni cosa che tocchi è
ferita o buco, però non troverai nulla.
PANDOLFO. Io non tocco né vedo piaga.
CRICCA. Pian piano, di grazia, non toccate ché mi fate male, non mi
fate morire innanzi tempo.
PANDOLFO. Io dico che non hai male alcuno.
CRICCA. Se pur guarisco non sarò mai piú uomo.
ALBUMAZAR. Sei vivo per me. Or alzati, ch'è passato quell'influsso
maligno, e guai a te s'io non avessi remediato. Or va' e schernisci l'arte
dell'astrologia!
CRICCA. Chiamatemi un medico che mi medichi.
ALBUMAZAR. Ti dico che stai bene: alzati su.
CRICCA. Se ben pare che stia bene cosí di fuori, di dentro son tutto
morto, oh oh!
PANDOLFO. Cricca, tu non hai male alcuno.
CRICCA. Ancorché parli e mi muova, pur non posso credere che sia
vivo. Signor astrologo mio, ti chiedo perdono.
ALBUMAZAR. Impara a schernir gli astrologhi!
PANDOLFO. Seguiamo, signor Albumazzaro.
ALBUMAZAR. E perché la luna, come dicemmo, da Capricorno passa
in Acquario e in Pesce, il vostro Guglielmo è morto nell'acque e se
l'hanno mangiato i pesci.
PANDOLFO. Or io vorrei....
ALBUMAZAR. So meglio indovinare il vostro cuore che voi stesso
non sapete. Voi vorreste che lo facessi risuscitare, e che tornasse a casa
sua e vi attendesse la promessa, e poi tornasse a morire?
PANDOLFO. Questo è il mio desiderio.
ALBUMAZAR. «Sed de privatione ad habitum non datur regressus»:
cioè col fiato delle stelle e de' pianeti far risuscitare un uomo dalle
ceneri, oh che stento, oh che manifattura! Ci bisogna una intelligenza
planetaria delle grosse, che sono fastidiose e fantastiche, come quella di
Giove e del Sole; e
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