Laeroplano del papa | Page 6

Filippo Tommaso Marinetti
pigre vele,
tessute, suppongo, in silenzio,
con
un filo d'argento sulla veste del mare.
Ho per complice la luna
menzognera,
la più imbellettata delle cortigiane siderali,
che in
nessun luogo mai è tanto carezzevole,
lusinghiera e persuasiva.
In nessun luogo mai la luna è così attenta
a sedurre i rossi e duri
fanali dei piroscafi,
passanti burberi che se ne vanno
con un grosso
sigaro tra i denti
cacciando fumo contro l'azzurro.
In nessun luogo mai la luna versa una così tenera
e molle cenere
violetta,

per ammorbidire la lava ossificata
delle case nere
aggrappate ai miei fianchi.
In nessun luogo mai la luna ha così
commoventi
inondazioni d'estasi o di luce
sulle incisioni dei

sentieri
fatte dal mio fuoco chirurgo.
Guai a coloro che seguono la luce belante
della luna e i lamentevoli
clarini delle mandre,
e i flauti amari dei pastori,
che perdono vìa per
l'azzurro i lunghissimi filamenti
dei loro suoni nostalgici!
Guai a
coloro che rifiutarono
d'accordare il galoppo del loro sangue
al
galoppo del mio, devastere.
Guaì a coloro che vogliono far metter radici
ai loro cuori, ai loro piedi,
alle loro case,
con un'avara speranza d'eternità!
Non costruire, si
deve, ma accamparsi.
Non ho io forse la forma d'una tenda
la cui
cima troncata dà fiato alle mie collere?
Io amo solo gli astri, snelli
equilibristi
che stanno ritti sulle sfere rotolanti
dei miei fumi
giocolieri!...
_Io._
Io so ballare come questi
e far bei giochi di destrezza nel cielo,
0. coprire col mio canto il fragore echeggiante dei tuoi uragani che si
propagano pei profondi sotterranei! Inoltre, io discendo per
ascoltare i poliedri della tua voce. Rallenta le scariche elettriche
dei tuoi bronchi che spostano, laggiù, le rocce sottostanti! Imponi
silenzio alle tue grotte loquaci che tremano, commosse,
interminabilmente! Imbavaglia di spesse ceneri gli echi basaltici
che t'applaudiscono in coro!
Non so che farmi delle bombe vulcaniche
con cui punteggi il
brontolìo del tuo discorso!
Che m'importa dei getti rutilanti
della
tua saliva aggressiva?
I tuoi diluvi di fango.
hanno insozzate le mie
ali bianche,
ma non m'arresto! Resisto
alle valanghe delle tue scorie,
e scendo giù,
dorato, aureolato dalle tue pulverulenze
d'oro
meravigliato.
_Il Vulcano._
Io devasto in giro tutti i giardini
dei sentimenti in fiore
e le loro

ombrie, chitarre e mandolini
che piangono fra le dita dei venti,

cantori di serenate.
Sconvolgo gli orti saggi
e le insalate ben
pettinate,
ma giro intorno delicatamente
alle foreste dai grossi
tronchi temeraî
i cui rami muscolosi hanno orrore
della terra, e
tendono pugni carbonizzati
contro gli astri, passeri esili e pigolanti

che vorrebbero posarvisi!...
Guai a coloro che s'addormentano,
adorando la traccia degli avi,

sotto i calmi fogliami della Pace!
Io nulla rispetto: nè le rovine
della
pietra, nè quelle della carne.
Il mio soffio caccia a caso, a palate,
i
vinti e i vili nelle loro tombe,
soli solchi scavati dai loro piedi,

zappe metodiche!
Guerra o rivolta. Scegliete!
Sono le grandi feste
del fuoco,
di cui s'onora il mondo!
Quale uccello presuntuoso è
questo,
0. quale scialuppa aerea, che rèmiga al disopra della mia testa? Certo sei
un mio figlio degenere,
0. italiano, o grumo raffreddato delle Lave millenarie!
Ah! che io possa finalmente contemplare
te ed i tuoi fratelli, ritti sulla
tolda veloce
delle torpediniere notturne,
fra l'odio atroce delle
burrasche,
alla mercè delle raffiche d'un ciclone,
e pure in atto di
spiare i massi d'ebano,
più neri della notte,
che le squadre nemiche
ammucchieranno nel buio!
Che io possa vedervi trasformati a un
tratto in brulotti, isolotti o vascelli,
eruzione continua d'eroismo

contro le nubi!...
Io succhierò le pietre e la terra
sotto i piedi degl'Italiani,
piantatori
di quercie e di palazzi....
e voi dovrete superare il mio furore, o perire!

Infrangerò i vostri nidi, ingenui uccelli d'Italia,
perchè impariate a
volare sulla vita!
Con le balzanti matite delle mie lave

cancellerò
dal mondo le forme geografiche
non colorite dalla letizia del sangue!
_Io._
Urrà! Urrà! Come te
e con te sputo, o Vulcano,
su tutti gli usurai

del nostro sangue conquistatore!
Per piacerti, ho già gridato
sulle
cime ruggenti dell'energia umana:
«Glorifichiamo la guerra, sola
igiene del mondo!»
Per piacerti, io libero violentemente
dalla pace
parassita
l'Italia possente liana che presto dovrà arrampicarsi
su su
fino alle costellazioni!
Sputiamo, sputiamo sulla Pace,
raflesia immonda dell'isola di Giava,

fiore enorme dalle foglie putrescenti,
pieno d'un'acqua fetida
in
cui nuotano e si nutrono
gl'insetti vischiosi che colonizzano
le polpe
infami dei cadaveri!
_Il Vulcano._
Oh! che tutti gli echi attenti della terra
bàcino la tua voce rossa,
più
calda della mia voce!...
Riconosco in te il mio figlio rigenerato.
Ed
eccoti, figlio mio, sulle guancie raggianti
il mio doppio e triplice
bacio di fuoco!
Ma dove s'è dunque cacciata la muta delle mie lave?

Udite il mio sibilo di vapore strozzato?
Cagne rosse dai lunghi
denti corrosivi,
qua, qua, ai miei piedi! Presto!
Stendetevi a terra,

davanti a quest'uomo in fiamme
e lambite le ruote del suo bel
monoplano!
3.
NEI DOMINII DI MIO PADRE,
IL VULCANO.
Ho capito, ho capito qual'è la mia missione!
Il tuo bacio m'impone di
mordere a sangue
nella schiena montuosa della mia penisola,

perchè subitamente s'alzi sulle zampe
e si slanci all'assalto
dell'Austria!...
Ancora un bacio, Vulcano....
così che mi sia dato assaporare a bocca
piena
e sentirmi sulle guancie il vasto ardore
dei tuoi abissi!
Eccomi pieno di te!
Mi sento nelle vene e porto con me
la porpora
schiumante di tutte le aurore della terra!
Le mie orecchie sono gonfie

dell'ondulosa sinfonia
delle tue fiamme discordanti
che si slanciano
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