La rovina | Page 8

Angiolo Silvio Novaro
gi�� per il giardino, e gi�� per lo stradone,--difilato dal rivenditor di giornali: una vil creatura che pel meschino utile che da me ritraeva mi professava una grande riconoscenza.
Simile a un delinquente gli strisciai accanto e gli rivolsi, senza guardarlo in viso, l'obliqua dimanda che da un'ora mi fremeva sulle labbra.
Egli ebbe un sorriso che bruci�� sulle mie guance come una scudisciata: un di que' lubrici sorrisi di compiacimento ch'hanno tutti gli esseri volgari e immondi quando inaspettatamente loro accade di scorgere un punto di contatto fra la propria bassa natura e quella d'un altro essere fino allora stimato superiore.
E mi raccont�� ch'era una disgraziata maritata quattr'anni fa a un tale impiegato all'ufficio del Registro, un giovane mezzo matto e mezzo malato che, dicevano, la picchiava di santa ragione. In capo a tre anni s'eran divisi: lui se n'era ito fuori: lei se n'era tornata in casa della madre: una vecchia strega che ai suoi tempi n'aveva fatte di tutti colori e adesso, dicevano, insegnava il mestiere alla figlia. Dopo la separazione, lei s'era data a un signore, un banchiere che teneva una villa fra Oneglia e Porto Maurizio. Di notte era stata vista scendere di vettura a quel cancello infinite volte: perfino i ciottoli della strada avevan saputo quella relazione. Ma un bel giorno il banchiere s'era stancato e l'aveva messa alla porta. E allora lei aveva cercato d'invescare un ufficiale...
Tanto bastava.
Io segnai, con la mano che mi tremava, sul taccuino il nome che avevo raccolto dalla bocca di lui; ringraziai, e mi rincamminai verso la villa.
Lass�� la sfacciata luce del mezzod�� aveva inondato il mio studio.
Accostai le persiane e abbassai le tende perch�� anch'essa non fosse testimone delle torbide impure cose che la mia anima doveva esalare. Tolsi un foglio, e scrissi:
?Stamane per la strada solitaria lungo il mare mi siete passata dinanzi rapida e tenebrosa. E il mio cuore s'�� messo a battere, indovinando. Vi ho raggiunta mentre stavate per aprire il cancelletto del vostro giardino, e vi ho guardata in viso, la prima volta, curva in quell'atto, E voi, con uno sguardo dei vostri diabolici occhi, mi avete fulminato. E siete scappata via leggera come un uccello! E improvvisamente siete apparsa alla finestra, e mi avete fissato, ancora! Cosa avete voi in quei diabolici occhi? Come cera al sole io mi son sentito struggere, e mi son lasciato struggere. Poi me ne son venuto via col cuore gonfio d'una certezza calda, soave, inebbriante. E tutto quest'oggi mi son nutrito di questa certezza, ho vissuto di questa febbre di fiamma e di abisso. O bellissima tenebrosa! Perch�� non mi gettate la parola che io sospiro delirando? La parola che mi far�� morire, morire di ebbrezza, prima ch'io possa appressare le labbra alla coppa della felicit��? Guardate. Mi inginocchio a' vostri piedi e vi supplico. Non prolungate, tacendo, questo supplizio! Scrivete subito, oggi. Ditemi dove, quando, potr�� parlarvi. Poich�� ho bisogno di dirvi cose che non posso scrivere, che incenerirebbero il foglio.?
Io aveva cos�� cercato di velare de' colori attraenti d'una passione d'amore quel che non era se non un improvviso risveglio, una torbida rabbiosa e cieca esplosione de' miei appetiti sessuali. Ed avevo gioito in fondo al mio cuore pensando che il carco di miserie, di tristezze e di abiezione che accasciava la vittima, me l'avrebbe pi�� presto sospinta nelle braccia: gioito come se gi�� ghermissi e sentissi, tra' miei artigli, viva dibattersi la preda.
La mia coscienza non era gi�� ottenebrata al punto ch'io non potessi discernere tutto ci�� che di abominevole e di vituperevole si nascondeva sotto una simile azione. Ma io comprendeva altres�� con sufficiente lucidit�� come qualsiasi tentativo di resistenza da parte delle mie migliori energie sarebbe inevitabilmente fallito. Un turbine m'aveva sorpreso ed involto nelle sue spire mugghiando: ed io mi moveva portato dalla sua rapina con la leggerezza di un fuscello.
Solo assai tempo dopo, ritessendo io nella mente la storia del mio fosco passato, potei riescire a rendermi ragione del come quel primo fatto e quelli non meno obbrobriosi che gli tennero dietro, dovessero necessariamente accadere e succedersi quasi anelli d'una stessa catena.--La mia adolescenza e la mia prima giovinezza erano state ben singolari! Eccettuato un vago sentimentale amoretto che, sorto con l'adolescenza, s'era a stento trascinato fino alle porte della giovinezza per morirvi d'anemia e di consunzione,--si sarebbe potuto dire che la donna non era entrata mai nella mia vita. L'unico vero e serio e grande amore della mia vita era stata l'Arte. L'unica mia ambizione, imprimere un'orma non cancellabile nella storia della nostra letteratura, e incoronar di gloria il mio nome. Per quest'unico amore e per quest'unica ambizione io aveva imparato a vivere, fin da' quindici anni. Tanto mi ero preso d'essi, tanto mi ero sprofondato in essi, che avevo finito per allontanarmi e straniarmi dal mondo. A quella fiamma
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