tutti. Che noia!--
Tra i molti spedienti immaginati da suo padre per fargli mettere amore allo studio, c'era questo, che merita d'essere raccontato. Un giorno il ragazzo era entrato nella camera paterna. Il signor Amedeo, che stava riponendo alcuni volumi sugli scaffali di una piccola libreria, gli aveva parlato cos��:
--Vedi, figliuol mio: quando avrai venticinque anni potrai leggere anche tu questi libri. Adesso no; sei troppo giovine, e son libri che fanno girare il capo ai ragazzi.--
Tanto bast�� perch�� a lui gli girasse subito. Ad ogni ora ronzava nei pressi della camera: ora con un pretesto, or con un altro, c'entrava, sbirciando il frutto proibito attraverso la custodia del reticolato di filo di ottone. Ed oh meraviglia! Due giorni dopo quella tentazione, suo padre aveva dimenticato la chiave nella serratura degli sportelli.
Indovinate gi�� quel che avvenne. Il signor Nicolino die un giro di chiave ed apr��. Ma poi, rimase l�� perplesso tra il s�� e il no, come quel personaggio dell'Ariosto.
Faccio o nol faccio? Alfin mi par che buono Sempre cercar quel che diletti sia.
S'intende che il ragazzo non pens�� la cosa in versi, ch�� non aveva ancor letto l'Orlando furioso; ma la pens�� in prosa, che torna lo stesso. E fin�� imitando il personaggio ariostesco; stese la mano e aggranfi�� un volume, anzi due, anzi tre, avendo cura di pescare in tre scaffali diversi, e di allargare le file per modo, che la sua marachella non avesse a dare nell'occhio. Poi, come il micio che ha rubato un pesce, o una costoletta in cucina, e sa d'aver fatto una mala cosa, and�� a rimpiattarsi in uno stambugio, dove di tre nascose due, portando uno in saccoccia, per leggere a suo bell'agio nelle ore pi�� libere.
In questa guisa lesse, divor�� tutti i libri che non avrebbe dovuto leggere prima di venticinque anni. Ne aveva dieci; ne guadagnava quindici. Si capisce, senza che io pure lo dica, che il signor Amedeo era diventato d'una smemorataggine senza pari, e dei due giorni l'uno lasciava la chiave nella toppa.
Non vorrei che i lettori mi pigliassero il signor Amedeo per un babbo imprudente. Quei libri proibiti erano l'Iliade e l'Odissea, i sepolcri di Ugo Foscolo e del Pindemonte, la Divina Commedia, la Gerusalemme liberata la Basvilliana, le tragedie d'Alfieri, ed altri di quella fatta. La storia poi abbondava; ed era tutta roba scelta e vagliata, non gi�� dall'Indice, ma dal buon senso, quel caposcuola che tutti sappiamo. Il ragazzo non poteva avvedersene, ancora digiuno com'era; ma il fatto sta che diede nella pania come un lucherino, e a furia di leggere, molte volte senza capire, ma tratto al lecco della novit��, si ritrov�� ad essere sulla via degli studi molto pi�� innanzi dei compagni e della classe che faceva. E gi�� il nostro Nicolino tirava gi�� endecasillabi e ottonarii ad orecchio, mentre i suoi compagni imbastivano a stento la solita morte di Abele.
Ve la ricordate, o lettori, la morte di Abele? ?Allora ?lo snaturato fratello cav�� di tasca una pistola...?. Oppure: ?Abele abborriva dall'uso delle armi e non ?portava nemmeno un temperino per le penne...?. Oppure... Ma a qual pro' dirle tutte? Chi pi�� ne ha pi�� ne metta.
Ora, tornando al fatto nostro, quel babbo che seguitava a non avvedersi dei continui trapassi dei suoi volumi dalla libreria allo stambugio, e dallo stambugio alla libreria, ci aveva gli occhi d'Argo per tutto ci�� che il suo figliuolo scriveva. Ogni giorno gli era sopra; ogni giorno dava un'occhiata ai quaderni.
--Vediamo un po; che cosa hai fatto quest'oggi?
--Ecco, babbo;--diceva il ragazzo, mostrando tutto vergognoso l'opera sua.
Il babbo leggeva, leggeva tutto, senza perdonarla ad una virgola, storceva le labbra, crollava il capo e faceva la copiaccia in due pezzi.
--Non va bene; f��llo da capo.
E Nicolino tornava a scrivere; indi, altra lettura e soventi volte altra lacerazione del manoscritto.
--Ma dimmi, babbo, dov'�� lo sbaglio?
--Da capo a fondo; non c'�� niente di buono. Qualunque cosa tu abbia a fare, il primo punto �� di pensarci su molto. Pensaci, torna a scrivere, e ti avverr�� di fare meglio.--
In questa maniera, e senza pietose correzioni di penna, che sarebbero tornate a danno degli altri condiscepoli, era avvenuto al ragazzo ci�� che egli nella sua testolina decenne pronosticava di s��. Aveva dovuto strappare ad uno ad uno tutti i primi premii, dalla grammatica inferiore alla seconda retorica.
Segno che non era un ciuco, il signor Nicolino, come egli si era battezzato da s�� in un momento di stizza. Tutt'altro, anzi; ma il suo spirito vagabondo amava troppe pi�� cose che non comportasse l'et��. L'applicazione, forse, perch�� comandata, lo uggiva; e troppo spesso egli stava come origliando dentro di s��, per sentire quelle voci interne che sogliono cantare pi�� tardi nei chiusi recessi dell'anima. Ingegno precoce, egli non era pi��, non era mai, nel suo guscio. A dieci anni innamorato come Dante, aveva scombiccherato il
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