il bisogno di guardare la sua bella immagine sull'altare. Allora Bice s'incantò di nuovo a contemplarla, rammentandosi confusamente le parole di De Nittis sulla Vergine Madre di Dio. Erano vere: nessuna poesia supererebbe mai quella della madonna cristiana, così vergine da ricusare l'onore di madre di Dio, e così madre da abbandonare alla morte il proprio figlio divino per salvare quelli di tutte le altre donne. Ma la soave figura di quel quadro era appena malinconica: le sue guance rotonde, la sua piccola bocca, la sua fronte liscia non esprimevano la sovrumana tragedia della sua vita; solo gli occhi appannati lasciavano indovinare come un pianto di rugiada.
Poi tutto fu inutile, Bice non potè pregare. Invece era sorpresa di sentirsi così indifferente, mentre la grande crisi della sua vita stava per scoppiare.
--Di' un'Ave Maria con me,--le susurrò Rosa.
Uscirono: all'aria aperta Bice tornò pensierosa.
--Il signor tenente Lamberto è già nel salotto ad aspettarla,--disse il cameriere aprendo loro la porta dell'appartamento.
Bice sussultò.
--La zia è tornata?
--No, signorina.
Bice entrò risolutamente nel gabinetto, senza trarsi la pelliccia, alzandosi il velo sul cappellino; il tenente Lamberto balzò in piedi ma, per quanto si fosse preparato al colloquio, rimase incerto di tenderle la mano o d'inchinarsi solamente.
--Buon giorno,--gli disse Bice sull'uscio, e venne a sedersi presso di lui, sopra una poltrona, stringendosi freddolosamente nella pelliccia.
Il suo volto pallido era agitato da un tremito, che il freddo della strada bastava a spiegare. Egli non sapeva come incominciare. Così vestito, colle mostreggiature bianche del reggimento Novara, e la corta montura nera, poichè aveva gettato lo spencer sopra una poltrona, senza berretto, era veramente bello; la sua media statura di proporzioni ammirabili, e la sua piccola testa cogli occhi neri e la pelle bronzina avevano un'espressione di forza simpatica.
--è freddo.
--Da intirizzire.
--Anche la zia è uscita?
--Sì.
Non sapevano andare avanti.
--Sedete dunque,--ella gli disse.
Ma quando fu seduto, si sentirono entrambi così lontani l'uno dall'altro, ad una tale distanza, che non avrebbero più potuto farla sparire: ella dentro a quella pelliccia, dalla quale non sporgeva che la testina sofferente, era ripresa dal freddo. Poi una tristezza insopportabilmente greve le cadde sull'anima. Egli se ne accorse.
--Prima di presentarmi,--cominciò con visibile stento,--sono stato dal professore De Nittis: egli mi ha consigliato a venire, perchè vi debbo una spiegazione.
Bice attese; l'altro, che aspettava una parola d'incoraggiamento, s'imbrogliò di nuovo.
--Sarete offesa; ne convengo, tutte le apparenze sono contro di me.
--Che importano le apparenze?
--Mi credete dunque ancora?
--Vi crederò, senza dubbio, giacchè volete dirmi qualche cosa, e non potreste avere l'intenzione d'ingannarmi.
Questa facilità di Bice rendeva anche più difficile la spiegazione. Evidentemente egli si attendeva ad un'altra accoglienza, a lamenti, ad accuse, che provandogli di essere ancora amato, gli avrebbero dato immediatamente una superiorità sopra di lei: invece la fredda bontà di Bice lo sconcertava. La sua vanità ne fu punta: involontariamente si atteggiò con più seduttrice eleganza sulla poltrona, passandosi la spada tra i piedi e la mano sinistra sui piccoli baffi.
--Io non voglio certo ingannarvi.
--A che scopo lo fareste? Una fanciulla come me, fuori della vita....
--Come fuori della vita? Quando ne siete uscita?
--Voi mi avete provato, che non vi sono mai entrata davvero.
Era l'accusa: allora egli si sentì finalmente sollevato:
--V'ingannate. Può darsi che qualcuno vi abbia riferito le cose ben diversamente; so che i giornali ne hanno parlato, ma chi crede più ai giornali? Si conosce come ricevano le notizie e le propalino; hanno bisogno di trovare lo scandalo dovunque, giacchè non vivono d'altro.
--Quindi non vi è stato nulla.
Egli si arrestò.
--Hanno falsato, ecco: il fatto è vero, ma non così. Io fui insultato, ho dovuto battermi.
Un'emozione passò sul volto di Bice, egli se ne avvide.
--Ho fatto male. Un amico mi aveva pregato di accompagnare quella donna a casa, poichè lo aveva trovato con lei nel Corso, e si erano bisticciati. Ella invece volle entrare al Gambrinus; quelle donne son tutte così. Era impossibile rifiutare.
Bice ascoltava.
--Il tenente Ravizza aveva meco un vecchio rancore; ma, del resto, viene dalla bassa forza e ne ha conservati tutti i modi. Senza la sua provocazione troppo palese, nulla sarebbe accaduto.... Infine, qualunque sia la condizione di una donna, quando è anche momentaneamente, per caso, con noi, ogni gentiluomo ha il dovere di ottenerle da tutti il rispetto.
Egli aveva detto ciò in fretta, come un finale di lezione mandata a memoria, ma si sentiva che non ne era rimasto contento: d'altronde Bice non si era mossa. Parevano due stranieri, che per una stravaganza inesplicabile parlassero di un caso intimo; egli si trovava ridicolo con quelle spiegazioni assurde anche per un bambino, mentre il giorno prima con De Nittis raccontando sinceramente l'accaduto, aveva trovato qualche scatto simpaticamente generoso.
Ricaddero in silenzio, umiliati tutti e due.
Quindi un ricordo della loro tenerezza giovanile li punse, come un rimprovero pieno di dolci rimpianti; erano così confidenti allora l'uno nell'altra, che nessuna età della loro vita sarebbe mai più così felice.

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