da dirmi?
RAIMONDO.
Doloroso, ma sempre deciso.
Non è un tranello, no. Ho le prove.
NICOLETTA.
Ah!
RAIMONDO.
Ma avrei preferito che tu negassi, che tentassi almeno di negare. Questa tua impudenza mi atterrisce.
NICOLETTA.
Mi pare di averti già detto che non so mentire.
RAIMONDO.
Menti con tuo marito, pertanto.
NICOLETTA.
Ha un fremito d'ira, sta per rispondere, invece gli volta le spalle, e mormora fra i denti.
Sciocco!
RAIMONDO.
Hai detto?
NICOLETTA.
Niente. Che hai da dirmi, ancora?
RAIMONDO.
Che ho da dirti?
Si avvicina a lei e l'afferra al polso.
NICOLETTA svincolandosi.
Non mi toccare!
RAIMONDO.
Si direbbe che vuoi sfidarmi! Hai già preso il tuo partito? Vuoi giocare d'audacia? E se accettassi la sfida? Se dicessi tutto a Piero?
NICOLETTA sicura.
Non lo farai.
RAIMONDO.
Colpito, suo malgrado, ritraendosi d'un passo, e come assalito da un accasciamento improvviso.
è vero. Non lo farò. Ma se lo indovinasse? Se lo sapesse da altri?
NICOLETTA.
Sarà affar mio il difendermi.
RAIMONDO.
Ed è questo tutto ciò che trovi da dirmi?!
NICOLETTA.
Non altro per ora.
RAIMONDO.
Ma che donna sei? Che malvagia, che ignobile creatura ha dunque assunto il mio nome?
NICOLETTA fiera, sdegnosa.
Ti prego! Avevi la grande notizia da darmi: che mi hai spiata, che hai comperato un portinaio o un servo.... Me l'hai data. Ti sei cavato questo gusto abbietto e crudele. Sta bene. Ora basta. E non m'insultare. Sono in casa mia.
RAIMONDO.
Sei in casa di mio fratello.
NICOLETTA.
Con audacia sempre crescente.
Sono in casa mia!
RAIMONDO sta per prorompere. Il suo impulso è di precipitarsi su di lei, ma si frena e si vince. Convulso, fremente, tituba ancora un istante, poi si risolve: prende il cappello che aveva posato su una sedia e si avvia per uscire. NICOLETTA, che lo spiava con la coda dell'occhio, vedendolo avviarsi, ha ad un tratto una rapida visione paurosa di ciò che può accadere. Corre alla porta di fondo e lo richiama.
NICOLETTA.
Di'.... scusa.... una parola ancora.
RAIMONDO, ch'era già scomparso, ritorna e si ferma su la soglia della sala da pranzo. NICOLETTA è ridiscesa verso destra e gli volge le spalle.
NICOLETTA.
Sforzandosi di assumere un tono d'indifferenza, ma con un gran orgasmo nella voce.
Se non sbaglio, dovevi far colazione qui, oggi. Non verrai?
RAIMONDO.
Ah no!
NICOLETTA.
Allora.... avvertirai mio marito? Gli manderai un biglietto?
RAIMONDO.
Non so.... sì, gli manderò un biglietto.
NICOLETTA.
Per oggi. E domani? E domani l'altro? E.... sempre? Come spiegherai, a lui, di non mettere più piede qui dentro, di non aver più rapporti con me?... Perchè suppongo che....
RAIMONDO.
Naturalmente.
NICOLETTA.
E allora?... Sai, te lo domando unicamente per metterci d'accordo, se lo credi necessario.... per non contraddirci.
RAIMONDO è rimasto sulla soglia. Non risponde. Si copre il viso colle mani, come per raccogliersi, come se gli girasse la testa e instintivamente volesse fermarla.
NICOLETTA.
Allora?
RAIMONDO doloroso.
Non so, non so. Bisogna che ci pensi. Non ho la.... vostra calma.... io, non ho un cuore di bronzo. Penserò al da farsi.... Mi fingerò ammalato.... poi lascierò Milano, per sempre.... Non so.... Oggi non sono in grado di decidere.... di provvedere....
Un silenzio.
NICOLETTA.
Troverai modo di avvertirmi.... se lo crederai opportuno.
Si siede a destra.
RAIMONDO.
Vi avvertirò, siate tranquilla.
Si avvia per uscire, ma fatti due passi, si arresta, si volge, ridiscende.
No, no! Bisogna decidere oggi. è urgente anzi. E poi, meglio uscirne, meglio finirla subito tra noi due.
Non può reggersi, e cade a sedere su una sedia, un poco discosto da NICOLETTA.
Ci siamo detti reciprocamente il nostro odio e il nostro disprezzo....
Moto di NICOLETTA.
Sì, sì, lo so: voi mi disprezzate e mi odiate per lo meno quanto io odio e disprezzo voi. è intesa. Dopo ciò, dopo quello che ho saputo, nessun rapporto è più possibile tra noi. Voi, forse, sapreste fingere, dissimulare e sopportare bene o male la mia presenza. Io no. Perchè niente vi scusa ai miei occhi. Neppure una passione fatale, invincibile. Voi non amate quell'uomo più che non amiate me, o Piero, o il primo che passi per la via. E avete un marito che vi adora, che sposandovi vi ha tolta dalla miseria e vi ha evitato di cadere nell'abbiezione a cui vi chiamava la vostra sorte. Vizio, dunque, vizio e non altro, del più sudicio e del più abbietto....
NICOLETTA.
Si alza sdegnosa, fremente.
RAIMONDO.
Scusate, è vero, non tocca a me il giudicarvi. Vi prego di sedervi e di ascoltarmi ancora per due minuti. Non pronuncierò più una parola che non possiate ascoltare tranquillamente.
Breve silenzio.
Siamo, dunque, due estranei da oggi. Ma siamo legati entrambi ad un essere che amo, al mio unico fratello, all'ultimo che mi rimane della mia famiglia. E bisogna evitare che egli conosca la sua sventura. Se dovrà conoscerla, e la sua vita ne sarà spezzata, distrutta, che non lo sia per opera mia nè per la vostra; in ogni modo che la catastrofe si compia il più tardi possibile. è giusto?
NICOLETTA china la testa, e la tiene chinata, ormai sul punto d'essere vinta.
S'io non verrò più qui, rimanendo a Milano, come giustificarmi? Per qualche giorno troverò dei pretesti. Poi me ne andrò. Non c'è altro mezzo. Per me, vivere qui o a Torino o a Roma, è indifferente. Andrò a stabilirmi
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