lor bruttezza stomacosa, Che le poltrone paion qualche cosa.
Fra queste poche ce n'e una sola Che tiensi prima in la fottuta setta. Non �� la Griffa, non �� la Bigola, Che le parole profuma e belletta. Aiutatemi �� scioglier la parola; La sua altezza ha nome la Zaffetta, Che si tien nata di sangue reale, Poi che patrigno l'�� Borrin bestiale.
Conta talhor la sua genealogia, Et fassi figlia del Procuratore Da ca Grimani, ch'�� sua madre ria Gi�� fece a ch'ell'�� dentro, a ch'ell'�� fuore. Ma viemmi grizzol ne la fantasia Di cantar puntalmente in bel tenore Il suo grado in minoribus, et come C'ha guadagnato il puttanesco nome.
No'l vo dir no, perche de le puttane Sempre giostran del par, principio e fine. Cominciano a grandirsi con un pane, Et con un pan finiscon le meschine. Basta che la Zaffetta �� d'ambracane, Di seta e d'or, e in pompe alte e divine, Non sua virtu, non sua bellezza o gratia, Ch'ella nascendo nacque la disgratia.
Il caso del suo grande et ladro stato, Che i nostri gentilhuomini ogn'hor soia, Da una sorte di corrivi �� nato, Che per morbezza, per garra et per foia, Cercando haver l'un l'altro superato, �� questa Arpia, ch'�� chi piu l'ama annoia, Han dato senza merito �� diletto L'anima e i soldi, �� lor marcio dispetto.
Perdonatemi, giovani; l'amore Ch'io vi porto fa dirmi cio ch'io dico. Sapete ben ch'io vi son servitore, Non pur compagno, fratello et amico. Poi ne la lingua i ho quel c'ho nel core; Io l'ho detto, et di novo lo ridico: Le vostre garre, et non gratia o bellezza, Hanvi abbassati, et lei post'in altezza.
Hora ch'accade? la Zaffetta Diva, Diciam bella, gratiata et virtuosa, Poi ch'ella del cervello e danar priva Ciascun con la sua faccia artificiosa, Fra l'incazzita sua gran comitiva, Havea un'amante, ch'�� si gentil cosa, Pieno di leggiadria e cortesia; Et se non fosse 'l ver, non lo diria.
Il gentil gentilhuom prodigo amante Sendo fatto di lei, per sorte rea, Le stava sempre servitore inante, Com'ella fosse non Zaffa, ma Dea. Si che pensi ciascun se la furfante Honestamente rubbava e chiedea. Perdio, c'han piu discrete e honeste mani Cingani, marioi, giudei, marrani.
Gran cosa �� �� dir che l'avaritia stringa Una puttana si ch'un soldo, un bezzo, Un guanto vecchio, un puntal, una stringa, O s'altra cosa c'�� di minor prezzo, Con parlar che tradisce et che lusinga, Ti rubba sempre, et ha talmente avezzo L'appetito �� far trar, che nel bordello, Dove son'esse, mandan questo e quello.
Il giovane gentil, che forte amava, Pur che trovasse fede in la Zaffeta, Lo spender da par suo manco curava, Ch'un cavallar di far una staffetta. Ma non ste molto questa Zaffa fava, Ch'un'arlasso gli fe, come la setta De le porche poltrone ognhor far sole �� chi piu dalle, a chi piu ben le vole.
Ogni cosa si puo facil soffrire. Servitu e danari son niente. (sic) Ma questo puttanesco ognhor tradire �� quel ch'uccide l'amorosa gente. Credi sta notte con la Dea poltrire, Et trovi un'altro tuo luoghotenente. Brava, frappa �� tua posta, amazza e squarta, Ch'�� coda ritta �� forza che ti parta.
Non fe 'l giovin gentil frappe o rumori, Al corpo, al sangue, vacca, slandra, ladra, Ne con spada �� baston sfog�� gli amori, Anzi dopo l'arlasso in mente squadra Di vendicarsi, onde doppio i favori �� la Signora, e dandole la quadra, Piu che mai la presenta e la corteggia, Acio che 'l suo pensier dentro non veggia.
Passati alquanti di, comincia �� dire Il gentil'huom: Quando vogliam, Signora, A Malamocco per solazzo gire, Poi che del darci piacer ne vien l'hora? Con puttanesco et temerario ardire Rispose la Madonna Angiola allhora: Al piacer vostro, tutta allegra e altera, Ma che torniamo �� Venetia la sera.
�� l'ordin dar non fu zoppo ne tardo L'amante da le soie assassinato; Ma con un dolce piacevol riguardo Duo giovin gentilhuomini ha chiamato: Un manda �� Chioggia, che la cena al tardo In punto metta; et l'altro, spensierato, Buon compagno al possibile e da bene, Seco per gir con la Signora tiene.
Poi che 'l giorno e l'hora e 'l punto venne Che far le nozze dovea la novizza, Preparossi una gondola solenne, Ch'in due vogate mezzo miglio sguizza; La qual �� Malamocco il camin tenne, Portando allegra l'angelica chizza, Che fea col suo moroso un gran contrasto Per voler gir, come sposa, sul trasto.
Come fu giunta questa meretrice �� Malamocco in gran reputatione, Vezzosamente soghignando dice: Ecci, ben mio, da far collatione? Et veggendo fumar una pernice, Quella grapp�� e inghiotti in un boccone, E in men che non si dice Ave Maria, Traccano gotti sei di malvagia.
Buon pro, Madonna, dice la brigata; Et ella ride e gliamorosi soia, Et con quella sua gratia disgratiata Petegolando, sempre ha in bocca moia; E
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