origine da due provenienze distinte: i
mercenari e le cerne. E queste e quelli, per la comunanza del servizio sul mare,
ritraevano un tal carattere anfibio che imprimeva alla milizia veneta fisionomia ed
atteggiamenti del tutto diversi dalle altre milizie contemporanee.
Queste due fonti si erano nel passato così bene intrecciate assieme, da dar vita ad un
fiume ricco d'acque e poderoso nel quale, in determinati e non infrequenti periodi della
storia, si erano come trasfuse tutte le tradizioni militari dei Comuni e degli Stati
dell'Italia.
Il mercenarismo rampollava dalle antiche compagnie di ventura e ne aveva dapprincipio
tutto il sapore e tutto lo spirito, considerate le forme repubblicane della Serenissima e le
tendenze della sua società aristocratica e marinara. Questo spirito, a grado a grado, si era
modificato e quasi plasmato sotto il ferreo stampo fortemente unitario degli istituti
veneziani del Rinascimento; sicchè il mercenarismo, tratto fuori dal martellare delle
passioni partigiane e dall'angusta cerchia delle passioni cittadine, aveva alla fine assunto
in Venezia una individualità più piena, lineamenti più decisi e sicuri da organismo di
Stato.
Infine la medesima stabilità ed unità degli ordini oligarchici veneti, l'èsca dei largheggiati
premi, il miraggio delle accumulate ricchezze, il cemento glorioso del sangue prodigato
per un vincolo mistico e positivo insieme--quello della fede e della pubblica economia
rivendicate sotto i fieri colpi del Turco--avevano contribuito ad imprimere a quel vecchio
istituto militare del Trecento una fisionomia veneta. schiettamente originale, che
sembrava quasi fusa dentro l'orma formidabile del leone di San Marco.
Nel frattempo il periodo eroico della guerra di Cambrai, delle lotte di Candia e delle
campagne del Morosini erano volti al tramonto.[7] La Serenissima divenuta più sollecita
di conservare che di conquistare, aveva stimato savio consiglio quello di fare più
largamente partecipi de' suoi beni i propri soldati, specie i mercenari dalmati, allo scopo
di meglio stringerseli dattorno con i vincoli della gratitudine e dell'interesse, con quei
legami di amorevolezza che suscitano il reggimento paterno e la coscienza della
solidarietà delle fonti del comune benessere.
Questo cammino, che sapeva del romano antico, pareva bello e fiorito ma celava non
pochi rovi e non poche spine. La Serenissima, fatta vegliarda, largheggiò per troppa
debolezza in autonomie, in franchigie e donativi a benefizio de' suoi soldati di mestiere,
ed apparecchiò fatalmente a sè medesima ed alle istituzioni militari quella rovina che, in
altri tempi, aveva annientato il vigore delle colonie legionarie di Roma. Anzitutto, quella
continua e gagliarda corrente di forze fresche e nuove che, dal littorale dalmata, rifluiva
ai dominî di Terraferma e di Levante per rinsanguare le schiere dei così detti reggimenti
di _Oltremarini_--levati in origine per servire sulle navi--cominciò ad inaridire pel
tralignare degli ordini feudali in Dalmazia e pel diffondersi del benessere nelle
repubbliche marinare e nei municipi liberi. Infine, il difetto di stimolo alle audaci
imprese--primo incentivo allo spirito di ventura--e le lunghe paci, lo asfissiarono e
l'uccisero come sotto le distrette di una enorme camicia da Nesso. Le angustie finanziarie
compirono l'opera.
Così le truppe levate per ingaggio tanto Oltremare che in Italia principiarono a morire a
sè medesime. Francesco Morosini già da tempo aveva avvisata questa lenta ruina, quando
per mantenere a numero il suo esercito del Peloponneso aveva dovuto ricorrere ai rifiuti
di pressocchè tutti i mercati d'uomini d'armi d'Europa ed incettare, coi Toscani e
Lombardi, anche gli Svizzeri, gli Olandesi, i Luneburghesi ed i Francesi; di guisa che con
cosiffatta _genia_--come egli disse--corse rischio non già di dettare legge al nemico bensì
di riceverla dai suoi soldati medesimi[8].
Nel 1781, come risulta dai piedilista, ruoli organici e stanza dei corpi insieme delle
milizie venete redatti dall'inquisitore ai pubblici rolli, mancavano 654 oltremarini nei
presidi di Levante, 353 in quelli di Dalmazia, 263 in quelli del Golfo e 42 infine in quelli
d'Italia. In totale 1312 soldati oltremarini mancanti, su 3449 che dovevano essere presenti
alle armi in quell'anno, suddivisi in 99 compagnie ed 11 reggimenti.[9]
In questo intervallo i nobili dalmati--feudatari un tempo, poi condottieri eroici e devoti
delle milizie venete di ventura, modificate e migliorate nel senso di cui sopra è cenno--si
erano venuti imborghesendo grado a grado [10]. L'antico privilegio loro di levare e di
vestire i propri fanti con le vistose casacche cremisine e di donarli poscia, come in
simbolo di fede ardente e di accesa devozione alla Serenissima, era degenerato col tempo
e diventato un mercimonio tra le mani venali degli ingaggiatori, dei capi-leva e degli
ingordi racoleurs.
La Serenissima tentò dapprima di ravvivare i sopiti spiriti bellicosi di quella nobiltà, un
po' distratta dalle fortune commerciali della Repubblica ragusèa, dalle libertà comunali di
Spàlato e di Zara e dalle autonomie di Poglizza, col largire nuovi privilegi, decime,
concessioni e bacili di formento. Ma la prodigalità attizzò alla fine l'avarizia e non accese
i desiderati spiriti di patriottismo, talchè i deputati
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