In chiave di baritono

Antonio Ghislanzoni
In chiave di baritono, by Antonio
Ghislanzoni

The Project Gutenberg EBook of In chiave di baritono, by Antonio
Ghislanzoni This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost
and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it
away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License
included with this eBook or online at www.gutenberg.net
Title: In chiave di baritono
Author: Antonio Ghislanzoni
Release Date: October 27, 2005 [EBook #16952]
Language: Italian
Character set encoding: ISO-8859-1
*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK IN CHIAVE
DI BARITONO ***

Produced by Carlo Traverso, Paganelli and the Online Distributed
Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced
from images generously made available by Biblioteca Nazionale
Braidense - Milano)

IN CHIAVE DI BARITONO

(Storiella allegra).

A. GHISLANZONI
IN CHIAVE DI BARITONO
(Storia di Milano dal 1836 al 1848)
MILANO A. BRIGOLA E C., EDITORI Via Manzoni, 5

Proprietà letteraria
Milano 1882.--Tip Annoni, Via Moneta, 4.

CAPITOLO I.
Dove si vede in quali condizioni difficili versasse il primo baritono del
teatro di Chieti, nel maggio 1849.
--Vergogna!--pensava io--se qualcuno mi incontrasse!... se qualcuno
sapesse!... E non c'è da illudersi che il fatto debba rimanere celato... I
giornali parleranno, e quali commenti da parte degli amici!
Essi combattono in Roma, gli amici... Essi difendono l'ultimo baluardo
della libertà italiana... essi spendono il sangue e muojono per la patria...
Mentre io--italiano--attraverso gli Appennini tirato da due magre rozze,
imbaccucato il capo e la gola in una gran ciarpa color scarlatto, i piedi
raccolti in una pelliccia, per andarmene a Chieti--in terreno nemico--a
terrorizzare con un elmo ed una spada di cartone un esercito di coristi.
Mentre nel mio cervello si svolgeva l'umiliante soliloquio, la vettura
del Cicoria entrava fragorosamente in Grottamare, piccolo paese delle
Marche, a poca distanza dal confine napolitano. La carrozza si fermò
alla porta di un alberghetto, dove io presi terra, dovendo, prima di

proseguire il viaggio, compiere nel paese alcune formalità.
Il mio impresario mi aveva procacciato non so quante lettere
commendatizie, fra cui una pel console marchese Laureati residente in
Grottamare.--Il marchese doveva porre il visto al mio passaporto.
Appena sceso dalla carrozza, mi recai alla casa del console. Questi mi
accolse con garbo--lesse la commendatizia, e gettandomi una occhiata
di compassione, disse: mio caro signore, dubito assai che vi si permetta
di passare il confine; da due giorni è rigorosamente vietato, a quanti
vengono dalla Toscana e dagli Stati romani, di entrare nel regno di
Napoli.
Io rimasi com'uom che pensa e guata Quel ch'egli ha fatto e quel che far
conviene Poichè gli è stata data una cannata.
Poi, con una voce ed una eloquenza che avrebbe commosso alle
lagrime una cariatide, supplicai il marchese perchè volesse adoperarsi
in mio favore.
Il marchese, uomo dabbene, indovinando dal calore della mia
eloquenza la siccità del mio portamonete, stese immediamente una
lettera per raccomandarmi al Commissario preposto alla guardia dei
confini.
--Presentatevi con questo foglio al Commissario, e forse, stante la mia
raccomandazione e la singolarità del caso, vi si accorderà l'ingresso
negli Stati di Sua Maestà umanissima.
All'indomani, il Marcuccio, figlio dell'oste, mi condusse colla sua
vettura verso il confine; ma, a cento passi da S. Benedetto, le guardie
napoletane, avvicinatesi agli sportelli, m'intimarono d'arrestarmi.
--Vorrei parlare al signor Commissario superiore. Debbo consegnargli
una lettera del signor marchese Laureati suo ottimo amico e protettore...
Le guardie mi accompagnarono fino alla stazione del Commissario, a
cui mi presentai con quell'aria di sommissione e di rispetto, che noi tutti,

figliuoli della natura, sappiamo assumere innanzi agli arbitri dei nostri
destini.
--No, non è possibile! disse il Commissario crollando la testa; gli ordini
del Re sono precisi: nessuno ha da passare.
Il linguaggio del Commissario era talmente spiccio e risoluto, che io
non trovai parole a rispondergli. Feci un inchino, e tornai alla carrozza
coll'animo esacerbato. Nelle mie tasche non rimaneva che un solo
francescone... con poca salsa di mezzi paoli e di baiocchi, tanto da
vivere un giorno.--Pensa, o lettore, s'io mi trovassi in male acque.--Ma
Iddio tempera il vento in favore dell'agnello tosato e del viaggiatore in
bolletta.
Perchè tutti comprendano quanto la mia situazione fosse grave, e
quanto difficile l'uscirne con decoro, converrà che io rammenti alcune
circostanze storiche di quei tempi[1].
Roma assediata da soldati francesi, napoletani e spagnuoli, faceva
disperati sforzi di resistenza. Il popolo fiorentino dopo aver ondeggiato
quattro mesi fra le lotte dei vari partiti politici, avea ceduto alle
violenze della reazione, richiamando il principe spodestato; Bologna ed
Ancona erano invase dagli Austriaci; il partito liberale, dilaniato su tutti
i punti d'Italia, concentravasi in Roma a farvi le ultime prove di
eroismo. Era imminente la battaglia di Velletri.
Chi non abbia in quell'epoca percorse le Romagne e le Marche, mal
potrebbe immaginare il disordine di
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 38
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.