quattro sassi gliene avevano fatto vento i Guelfi, dopo averlo sbandito dalla città. Non dissimilmente avrebbero adoperato i Ghibellini, se a loro fosse toccato di poter bandire i Guelfi; non c'era dunque da gridare all'ingiustizia. A quei tempi si usava così. Oggi, la Dio grazia, abbiamo un pochettino di progresso, e certe cose non si fanno più; ci si restringe a desiderarle.
Ma se Spinello non era ricco, aveva tuttavia una gran forza per sè; era giovine e innamorato morto. Madonna Fiordalisa era la figlia d'un pittore. Vedete come il destino aveva disposte le fila! Anche lui era un pittore, o almeno poteva diventarlo; poichè l'inclinazione c'era, ed anche una certa pratica naturale. Fino allora, egli aveva disegnato per capriccio: da quel giorno incominciò a disegnare per passione. Si fa così bene quel che si fa, quando si pensa ad una bella donna! Sopra tutto, poi, quando si capisce che é l'unica via per giungere a lei!
Mastro Jacopo lavorava allora nella chiesa di San Domenico, e più propriamente in una parte della chiesa, cioè a dire nella cappella di San Cristofano, ritraendovi al naturale il beato Masuolo, profeta minimo, il quale, ne' suoi tempi, predisse molte disavventure agli Aretini. L'opera gli era commessa da un mercante de' Fei, che aveva molto a lodarsi del Santo, per esserne stato liberato dal carcere. E mastro Jacopo aveva per l'appunto rappresentato il Santo nell'atto di fare quel miracolo, che oggi si farebbe con uno sbruffo ai guardiani, o con un buco nel muro.
Spinello, come potete argomentare, andò in San Domenico, incominciò a piantarsi davanti alla cappella di San Cristofano e diventò un grande ammiratore dei miracoli del beato Masuolo, o almeno di quel tanto che se ne poteva scorgere attraverso le commessure del tavolato. Mastro Jacopo non tardò ad avvedersi di quella curiosità e chiese al giovanotto se per caso volesse vedere l'affresco prima del mercante, che gli aveva data la commissione.
--Maisì, messere;--rispose Spinello, facendosi un coraggio pari alla gravità del caso.--Il mercante vi pagherà l'opera vostra una volta sola; io l'ammirerò quante volte vi piacerà di lasciarmela vedere prima d'ogni altro.
--Ecco una ragione che mi capacita;--disse mastro Jacopo, facendo bocca da ridere.--Ma ti piacerà poi da senno, il mio beato Masuolo? Vieni sul ponte e sia come ti pare.--
Spinello non se lo fece dire due volte; salì sul ponte, osservò la composizione e rimase a bocca aperta, com'era naturale che facesse, e per la bontà intrinseca del dipinto e per il desiderio che aveva di entrare nella grazia dell'artefice.
--Per caso,--gli disse mastro Jacopo a un tratto;--anche tu saresti pittore.
--Mainò, messere;--rispose Spinello, chinando umilmente la fronte;--ma sarei felice di diventarlo, sotto la vostra disciplina.
--Perchè no? Vediamo anzi tutto che cosa sai fare. Un O, come Giotto? Una linea come Apelle?
--Ohimè, maestro, assai meno. Disegno alla meglio, o alla peggio, come vi parrà meglio, senza ombra di studio.
--Bene! To' i pennelli e la sinopia;--gli disse mastro Jacopo.--Vai là, al muro, dove non è ancora stata messa la calce fresca, e segna un contorno.--
Spinello non domandava altro. Ma, per sicuro che fosse di non far troppo male, non poteva difendersi da un certo rimescolamento, dovendo operare così sotto gli occhi del maestro. Se gli fosse riuscito di far bene alla prima, che fortuna! Basta, il giovinotto pensò a madonna Fiordalisa, afferrò il pennello, lo intinse nel vaso e si mise all'opera, tratteggiando sulla parete una mezza figura di San Giovanni. L'aveva attaccata alla brava e la tirò via alla lesta, per non aversi a pentire, e perchè il pennello non avesse a tremargli fra le dita.
Mastro Jacopo stette zitto, sulle prime, a vederlo lavorare: poi, come gli balzò davanti agli occhi la figura abbozzata, borbottò un cenno d'approvazione.
Spinello si era dimostrato valente ed accorto. Valente, perchè il suo disegno era buonino; accorto, perchè quella mezza figura era una copia fatta a memoria, d'un San Giovanni che mastro Jacopo aveva dipinto qualche mese innanzi in San Bartolomeo, nella cappella di Santa Maria della Neve.
--Ah, ah!--disse mastro Jacopo, a cui si spianavano in fronte le rughe, accumulate pur dianzi nella arcigna severità del suo atteggiamento di giudice.--Tu studi l'arte nuova, giovinotto.
--Maisì, maestro. Ed è la buona, mi pare.
--Eh, sì e no. Bisognerebbe, ad esempio, saper scegliere un po' meglio tra nuovi e nuovi. Giotto di Bondone è un gran maestro, e Taddeo Gaddi gli si stringe ai panni. Ti consiglio d'imitare questi due. L'altro, da cui t'è piaciuto di copiare, è un artista da dozzina, il quale non si raccomanda che per un poco di buona volontà.
--Voi gli siete nemico, maestro;--rispose argutamente il giovine.--Lo si vede dalle vostre parole. Ma io lo difenderò anche contro di voi. Per esempio, quella sua storia di San Martino, nella cappella del Vescovado....
--Ahimè, ragazzo, ahimè!--interruppe mastro Jacopo con un sorriso che faceva contro alla mestizia della interiezione.--Bisogna essere stati a Firenze e
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