Il mistero del poeta | Page 8

Antonio Fogazzaro
del mio scoglio, ora gl'imi paeselli, ora un vapore che pareva immobile sull'acqua verde, ora la città di Lugano, dove si potevano distinguere le persona sui quais. Guardavo solo per starle vicino, pensando sempre come le potrei parlare. Ella chiuse un momento il libro. Allora le offersi, stavolta in italiano, d'indicarle il posto ov'era affondata la barca di sabbia. Accettò molto cortesemente e, posato il libro, si alzò, venne alla ringhiera che cinge quella specie di bastione coronato dagli ippocastani. Osservai che il suo passo era un poco incerto; che la sua gamba sinistra era un poco intorpidita. Forse anche il braccio sinistro non aveva il vigore dell'altro. Me ne sentii a un tratto il cuore tanto più tenero per lei; e non voglio cercare perchè me ne sia venuta insieme una gioia di speranza. Ella intese prontamente che conoscevo i luoghi, e aveva incominciato a domandarmi nomi di paesi e di montagne, quando un cameriere dell'albergo venne a dirle:
--Il signore La desidera subito.
Trasalii. Sul suo viso passò, malgrado lei, un'ombra fugace di malcontento, e poi, quando se n'avvide, un lieve rossore. Si scusò con una parola gentile e partì, lasciandomi più felice e più turbato che non posso dire. Il signore! Chi era questo signore? Qualche cosa d'indefinibile nell'aspetto, nei modi di lei, l'anello, i pendenti di piccoli brillanti, mi lasciavano poca speranza che fosse libera.
Aveva dimenticato lì il suo libro. Vidi con molta meraviglia le poesie di Leopardi. Sul frontespizio era scritto per isbieco questo nome:
Violet Yves
Sperai che ritornasse, ma invece venne il cameriere a prendere il libro. Seppi da lui che la signora era arrivata da una settimana con suo marito e che questi si era ammalato subito. Però stava già meglio. Benchè mi aspettassi la parola ?suo marito,? n'ebbi un colpo di dolore. Mi mancarono la voglia e la forza di fare a colui altre domande.
Mi tenevo sicuro, nella mia fervida fantasia, che la signora Yves non fosse felice. La sua pronta cortesia verso di me; la compiacenza quasi evidente con la quale si era trattenuta meco, mi dicevano che non era innamorata d'alcuno. Ciò temperava la mia amarezza. Avrei voluto sapere l'età e l'aspetto di questo marito, ma tuttavia mi astenni dal chiederne, non tanto per timore di tradirmi quanto perchè mi pareva, con tali domande, di offender lei e di abbassare me.
Ella non discese a pranzo. Alla sera si fece musica. Io andavo e venivo dalla sala aspettandomi ad ogni momento di vederla comparire. Non venne; verso le dieci me n'andai sconfortato a sedere sotto gl'ippocastani. Era una notte incantevole; e la luna, sorgendo alle nostre spalle, lasciava nell'ombra noi, il pendio ruinoso della montagna fino al fondo, una curva lista di lago lungo le prode; al di là, tutto, dall'acque al cielo, dalle prossime guglie di levante alle nevi remote di ponente, luceva in una luce d'argento. Mi affacciai alla ringhiera sospirando.
--Molto bello, non è vero?
Mi sfuggì un'esclamazione di sorpresa. Era la signora Yves che aveva detto così, a pochi passi da me.
--Lei?--dissi.
Forse vi era nella mia voce troppo più senso che nella mia parola. Ella non rispose.
--è troppo bello qui--soggiunsi.--Fa persino male.
Essa lasciò cadere anche questa frase.
--Stamattina--disse--volevo domandarle il nome di quello scoglio là in faccia che mi piace tanto.
--Non lo so--risposi.--Non credo che abbia nome.
Dopo brevi momenti di silenzio la dolce voce riprese più sommessa, quasi timida:--Dovrebbe mettergli un nome Lei ch'è poeta.
--Lei lo sa?--esclamai.--Lei mi conosce?
--Sì signore--rispose.--Ho letto una sua novella in versi, Luisa.
--Ha letto Luisa?
Tacemmo ambedue per un buon tratto.
Una profonda, deliziosa commozione impediva a me di parlare; ed ella era rimasta sorpresa di sentir così commossa la mia voce.
--Vede che lo conosco molto--riprese finalmente.--Luisa mi ha fatto pianger tanto. Non potevo credere che l'autore fosse un uomo. Ho saputo oggi da un signore italiano ch'era proprio Lei. Credevo che fosse una fanciulla, una Luisa. Oh come desideravo di conoscerla!
--Anch'io desideravo di conoscer Lei.
Queste parole mi sfuggirono e tacqui subito. Non sapevo se dovessi spiegarle; intanto ella osservò che era tardi e si ritirò. Qualche cosa nel suo saluto mi fece male e passai una notte inquietissima, pensando ch'ella mi era stata molto vicina per un momento e che poi si era allontanata da me. Certo aveva trovate stupide o troppo ardite le mie ultime parole. Ne soffrivo e ne godevo insieme, parendomi aver veduto un poco del suo sentimento. Com'era fine, come era elevato! Adesso bisognava toglier l'equivoco subito. Mi addormentai verso la mattina, sognai che spiegavo tutto a Mrs. Yves, che la dolcissima voce mormorava: lo sapevo, lo sapevo; ma che il viso era triste.

V.
L'indomani mattina scesi alle sei e incominciai subito ad aspettarla; scioccamente, perchè non era probabile che scendesse prima delle sette e mezzo o delle otto. Discese alle nove e la vidi un solo momento; forse aveva preso il thè in camera. Era in
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