Il libro delle figurazioni ideali | Page 5

Gianpietro Lucini
che poi avrebbe trionfato nel romanzo psicologico. Ed ora, fermandomi ai migliori, (nè mi sia bestemia il dire), ecco l'Aleardi che superiore intende al romanticismo nella stagione dei risvegli nazionali come l'Hugo in Francia, ecco il Praga, il lombardo Heine, troppo obliato, troppo poco compreso, ecco Stecchetti che accoppia Petrarca elegiacamente col sarcasmo feroce di Baudelaire, stanco del già conosciuto e pure debole alla conquista del nuovissimo: ora mi fermo volentieri all'ultimo, a Gabriele d'Annunzio che nella giovane e luminosa esistenza letteraria dimostrò dalla Terra Vergine al Piacere la serie della sua evoluzione e si affermò poderoso alla meta coll'Innocente.
VI.
Il simbolismo adunque fu jeratico, fu classico ed è personale: distrutta la ferocia, ardirono l'amore e la carità: dal Golgota discese alle bellezze reali dei sensi ed alle mirabili attività umane, poetando il panteismo di Spinoza: ora e queste e quelle si studia di spandere patrimonio a tutti in un mondo senza limiti ed in una felicità organizzata da nessuno ed a nessuno in ostacolo.--Ma io so per esperienza che esegesi di intenzioni non scifra intendimento, tanto più per questa operetta che l'autore vede ingigantita sia pel lungo cercare, sia pel lungo lavoro: e so pure che queste poche parole non bastano a riflettere l'attuale stato della nostra forma poetica.--Altri studi e altre lene occorrono (come il Pica ottimamente osò coi precursori francesi) alla sua esplicazione, nè il luogo qui si presta, che versi porgo, non saggi critici, futuri forse da me su questo argomento, ma non prossimi; e di più so ed intendo, che ad orecchie che non vogliono udire nessun rumore giunge, fosse il rombo del tuono: onde faccio silenzio. Però ringrazio cordialmente l'amico Quaglino quando argutamente propone a sè e ad altrui il quesito: ?Il simbolismo è arte di decadenza?? E valgami la sua amicizia e il mio studio come una speranza a proseguire.
Il IIIj di Aprile del MDCCCLXXXXIIIJ.
L'AUTORE.
IL PRELUDIO.
I.
Innalzan l'incensier' l'aroma a spire?dei Troni intorno e dentro a' bei Giardini:?col canto delli uccelli, i violini?s'accordan pianamente colle lire?van su per l'acque azzurre in gaio ardire?le galee valorose e, dai gradini?dei templi, accolgon gravi, in gravi inchini,?i Jerofanti il bruno e nobil Sire:?poi rinnovansi i Riti e a luna nuova?i negromanti raccolgon verbene:?fortune in mar ed inni di Sirene?tra li scogli e misteri tra le stelle:?stridon gufi e civette alle mortelle,?mentre indaga alle tombe il Villanuova.
II.
Corse tra selve oscure e paurose?a perseguir beltà tristi e gioconde:?Divinità leggiadre, dalle rose?candide nate o dal bollir dell'onde:?dispute, nelle notti, e faticose?opre di Saggi, poi che sulle sponde?dei Miraggi Gloriana ad alte cose?intende il ragionare, e brune e bionde
Acrasie, e insidie e lacci e incantamenti:?(sta l'aria muta e in sè sospesa attende?la meraviglia dell'avvenimento:)?e lotte e danze e giocondi presagi?nel panteismo che Spinoza rende,?e cavalcate di Madonne e Magi.
Così sen va di tra le Forme e i Sogni?la maga Poesia delli ideali:?va per le nubi, nè sente i bisogni?della Carne, poi ch'alle geniali?opere vede e Speranza e Desire,?fulgenti e fermi e certi all'A Venire.
I SONETTI D'ORIANA.
_Laisse cr?itre au vallon les femmes et les roses._
JEAN RAMEAU.
LA FATA.
Io son la bella Oriana e il seggio mio,?materiato in rubini e diamanti,?scintilla nell'azzurro, in contro a Dio,?tra il nimbo delli incensi fumiganti.?I miei baci son filtri e dan l'Oblio,?brillan nelli occhi miei fascini erranti,?e il mio corpo è una Coppa che il Disio,?abbevera di vini estasianti.
Facile e avventurosa è la mia strada:?invitan l'acque d'or del mio verziere,?e sulle rame i bei frutti di giada.?A me i Baron' sulla gaietta alfana,?e al tintinnìo d'argentee sonagliere,?vengan le Dame in lunga carovana.
I BARONI.
E noi veniamo a te, strana Maliarda,?sui cavalli coperti di gualdrappe,?veniamo, gioventù forte e gagliarda.?Or lungo fu il viaggio e per le frappe?e le forre dell'Alpe, l'alabarda?nostra splendette e le vermiglie cappe?giocar col vento della notte tarda.?Vediam ne' tuoi giardin' rider le grappe
da cui spremi l'Ambrosia del piacere;?vediam te, nuova Acrasia, in tanta gloria?porger la Tazza ed invitare a bere:?e noi veniamo a te sul bastione?d'oro del tuo palagio, e la Vittoria?squilla per noi la più ardita canzone.
LE DAME.
E noi veniamo a te, strana Sirena,?che 'l tuo Regno felice abbiam sognato,?pallide in volto e li occhi alla serena?notte rivolti e al cielo interminato.?Coi capelli infiorati di verbena?abbiam compiuto i riti, e il dì beato?trepidanti aspettammo. Ora, con lena,?batton nell'ambio le mule il selciato
di porfido e odoran di lontano?le greppie piene e li stalloni ardenti.?Noi ti chiediamo il gaudio sovrumano?di soffrir, tra la porpora dei letti,?smunte le guancie e l'iridi languenti,?sotto il bacio dei tuoi fatali Eletti.
I CAVALIERI DI GLORIANA.
E noi ridiam di te, delle Chimere,?dei Sogni capziosi e delli Amori.?Correte illusi voi al Dio Piacere,?ai talami ingemmati, alli acri fiori?delle lascivie: audaci, usiam le altere?menti allo studio e a ricercar li orrori?umani e a ravvivar alto il doppiere?veggente della Scienza. A voi li allori
vani lasciammo e li inni. A simiglianza?del Cavalier poeta, che implorava?alla Dama d'accoglier la
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