Il fallo duna donna onesta | Page 9

Enrico Castelnuovo
chiara), ma alla Teresa non reggeva l'animo di avvelenar coi contrasti l'ultime ore ch'ella e Guido sarebbero rimasti insieme; e cedette.
L'ufficiale, dopo ch'ebbe riposta in una tasca interna del soprabito la busta con le fotografie, le cinse con un braccio la vita, le sfior�� con le labbra i capelli e le susurr�� nell'orecchio un'altra promessa ch'era tempo di mantenere.
--Domani dalle dieci fino a mezzanotte son libero... Alle undici del mattino ti aspetto da me.
Ella, imporporandosi il viso, lo guard�� supplichevole.----Ci tieni tanto?
La fronte di Reana s'annuvol��.----Non rammenti la parola che m'hai data?
--S��, t'ho dato la parola di tornar da te prima che tu partissi.
--Dunque... Parto doman l'altro...
--Non �� lo stesso il venir a casa mia?
--No che non �� lo stesso... Gi�� non mi permetteresti di rimaner tutta la giornata e io ti voglio per tutta la giornata... E poi... sei curiosa... Tanti casi perch�� il giorno che fosti da me hai trovato quell'imbecille di marinaio!... Domani, te lo giuro, non troverai nessuno... Saremo noi due soli... ben pi�� soli che qui, ove si sta sempre in sospetto... Perch��, in fine, credi che la tua gente di servizio non capisca nulla?
La Teresa chin�� la fronte vergognosa. Ella sentiva che Guido aveva ragione, ch'era ingenuo il sopporre che la servit�� non avesse scoperto i loro amori, non avesse origliato agli usci, commentato con plebea volgarit�� la frequenza e la lunghezza dei loro ritrovi; e cionullostante provava una ripugnanza invincibile a compiacere di Reana che avrebbe voluto farle accettare gli appuntamenti nel suo quartierino ammobigliato o in altro luogo fissato da lui... Fin che restava nella propria casa le pareva che la caduta fosse meno profonda ed ignobile... Pure, con un grande sforzo, da Guido era stata una volta e s'era lasciata strappar quella promessa di ritornarvi da cui ora tentava invano di esimersi.
--No--insisteva il sottotenente--non devi per un puntiglio guastar tutto il bene che m'hai fatto... Non devi costringermi a dubitare del tuo grande amore.
--Ma, Guido... t'ho negato nulla?--ella disse.--Ti nego nulla?
--Avr�� torto, ma ne dubiterei--egli riprese.--Sono tanto triste all'idea di abbandonarti che non riesco ad intendere come tu voglia amareggiarmi di pi��.--E prosegu�� carezzevole, insinuante:--Vedi, Teresa, ho preparato tutto... Alle undici tu fai colazione con me... servita da me... giudicherai tu stessa se so servir bene, se so apparecchiar bene la tavola... Fammi quest'ultima grazia... Non aver paura, Teresa... te lo giuro che saremo soli in tutto l'appartamento... I padroni stanno di sopra... il capitano del genio che aveva una camera vicina alla mia �� in licenza... Vieni, vieni.
Sebbene commossa, ella non aveva ancora risposto di s�� quando suon�� il campanello di strada.
Erano cos�� avvezzi a non esser disturbati la sera che balzarono tutti e due in piedi esprimendo in forma quasi identica lo stesso pensiero.
--Chi sar��?--egli disse.--Non ricevere.
Ed ella:
--Chi pu�� essere?... Gi�� non ricevo.--E usc�� per dar gli ordini alla cameriera.
Ma questa che aveva guardato dalla finestra le rifer�� ch'era suo zio il console...
A lui ella non poteva far dire che non riceveva; non poteva nemmeno far dire ch'era malata; col pretesto della parentela egli sarebbe stato capacissimo di andarle in camera da letto. E ordin�� di lasciarlo passare.
Ma fin ch'egli saliva le scale ella ebbe tempo di calmar le furie di Guido.
--Bisogna rassegnarsi... Non posso licenziarlo come un estraneo... Era in campagna... Forse vorr�� qualche cosa... E potrebb'esser che si spicciasse subito... Ma ho paura... Tu resta dieci minuti, un quarto d'ora, e s'egli non si decide ad andarsene, va tu...
--Per tornare?
--No, Guido.... Abbi pazienza.... non conviene.
--Proprio stasera.... la penultima sera che stiamo insieme.
--Lo so, �� una disdetta... Ma chi ne ha colpa?.. Senti, sii ragionevole, non far quel muso lungo... Domani...
--Ebbene?... Domani?
--Ti do la mia parola d'onore che alle undici sar�� da te.
--Ah, finalmente ti sei decisa...
--Parla piano.
--Ti sei decisa!
--Sarai contento.
--Angelo!
E saltandole addosso le diede un bacio.
--Giudizio ora!--ella intim��.
Era tempo, perch�� di l�� a un momento la cameriera introdusse il signor commendatore.

VI.
Il commendatore barone Amedeo Venosti Flavi, zio materno della Teresa Valdengo, console di un insignificante Staterello la cui rappresentanza senza recargli il minimo incomodo gli permetteva di avere uno stemma sulla porta di casa e d'indossare un'uniforme nelle cerimonie ufficiali, era un uomo di sessant'anni passati, alto, piuttosto corpulento, coi baffi e i capelli tinti e coi denti posticci. A malgrado di ci��, per la sua et��, era un bell'uomo, e sapeva d'esser tale, e aveva ancora le sue pretese galanti. D'una vanit�� morbosa, pareggiata solo dalla pochezza dell'ingegno e dall'inettitudine a ogni applicazione continuata, il commendatore Venosti Flavi non era felice che quando poteva appiccicarsi ai panni di qualche pezzo grosso, di quelli che figurano negli almanacchi della nobilt��, nel Gotha sopratutto... Oh, il Gotha era il suo libro di devozione; ne comperava ogni anno un paio di copie, una delle quali teneva nel suo salotto, l'altra sul comodino accanto al suo letto, per sfogliarlo nelle
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