soffocati appunto da questo pondo grandissimo che il passato ci ha posto sulle spalle; bisogna far qualcosa noi pure per esser degni degli avi.
Il principe pronunziava queste parole con voce monotona, senza nessun sentimento, come una lezioncina imparata a mente. E infatti da quindici giorni la ripeteva di continuo a s�� stesso per dirla in ogni occasione.
La principessa lo ascoltava a testa bassa, come se riprovasse quelle massime.
--Dunque che cosa vuoi?--gli domand�� parlando sempre con voce nasale e a denti stretti, come chi ha la consuetudine di servirsi della lingua inglese.
--Voglio che tu mi accompagni stasera all'adunanza elettorale.--Quel nome di osteria faceva ribrezzo anche a don Pio e non poteva pronunziarlo.
--E dove?--domand�� la principessa, alzando in volto al marito due occhi piccoli e fieri.
--Da Muzio Scevola.
--E che luogo ��?
--Una locanda, dove mi danno una cena elettorale.
--Non ci vengo.
--Ma, Camilla, pensa a quello che fai; mi tacciano di clericale per colpa tua; per colpa tua non sar�� eletto; io voglio riuscire deputato, e tu, tu devi venire.
--Non vengo,--rispose la piccola signora sedendosi.--Tu sei padrone di derogare al tuo nome, alla tua nascita, ma non puoi imporre a me di avvilirmi. Io, oltre a esser custode del nome tuo, sono anche custode di quello di mio padre; sono una Grimaldi, lo sai.
E fieramente alz�� la piccola testa dal volto pallido, sul quale non si leggeva altro che una grande espressione di fierezza.
--Camilla, tu sei la mia rovina,--disse il principe, uscendo senza stenderle la mano.
Nella galleria lo attendeva il suo cameriere per infilargli il soprabito e presentargli i guanti, il bastone e il cappello.
Don Pio, calmo in apparenza, dette alcuni ordini, scese le scale inchinato dai servitori, e dopo essersi seduto nel _pha��ton_ prese in mano le redini dei cavalli e usc�� dal palazzo.
Era quasi notte quando il _pha��ton_ si ferm�� sulla piazzetta dinanzi all'osteria, gi�� illuminata dai lampioncini colorati, e il principe, sceso prontamente, si trov�� a fianco Fabio Rosati e il sor Domenico, il quale si tolse il cappello a cencio e gli disse a bruciapelo:
--Non mi ha voluto dar retta e le cose si imbrogliano. Faremo un buco nell'acqua se non viene la principessa.
Don Pio infil�� il braccio familiarmente in quello del sor Domenico e tirandolo in disparte gli disse:
--Che volete, la principessa non c'entra per nulla nella mia elezione; le signore hanno idee che noi dobbiamo rispettare, ma che non dividiamo.
--Lo capisco,--diceva il sor Domenico spartendosi con le dita la lunga barba, come soleva fare quand'era soprappensieri,--lo capisco, ma lei sa, Eccellenza, che abbiamo da far con certa gente cocciuta e siamo in certi tempi...! Basta, vedremo; bisognerebbe che per amicarsi i trasteverini lei avesse qualche buona promessa in riserva e la manifestasse stasera.
--Vedremo,--disse il principe ritornando verso Fabio Rosati, che era circondato da un gruppo di persone ben vestite e parlava a bassa voce con loro.
Appena a quel gruppo si avvicin�� don Pio tutti si tolsero il cappello e si fecero addietro alcuni passi. Il principe stese la mano all'ingegnere Marini e al professore Arnaldi. Fabio Rosati gli present�� subito quelli che non conosceva.
--Il signor Massa, giornalista,--disse accennando un giovinotto pallido, con le scarpine lucide e l'aria spavalda,--il signor Caruso, giornalista pure--aggiunse accennando un omaccione grasso, dallo spiccato tipo meridionale con le lenti sul naso e una barbetta rada sulle guance butterate dal vaiuolo.
Il principe della Marsiliana fece un passo verso i due rappresentanti della stampa e stese loro la mano.
In quel momento la sora Lalla, grassa, rossa, tutta catene e pendenti d'oro, comparve in cima alla scaletta dell'osteria, e, con le mani sui fianchi esuberanti, si mise a gridare:
--Ma insomma, volete proprio che tutto vada ai cani! Venite o non venite?
Il sor Domenico, che aveva per la sua vecchia compagna un affetto grandissimo, un affetto in cui entravano i ricordi giovanili, la gratitudine per il coraggio mostrato da lei quando egli era in carcere a San Michele, da dove lo aveva fatto scappare, e la stima per la sua proverbiale onest��, sorrise e disse volgendosi al principe:
--Credo che Lalla abbia ragione; �� tempo di andare a cena se si vuol mangiare.
Il principe, col fare disinvolto del gran signore che sa subito adattarsi al luogo dov'�� e alle persone che lo circondano, sal�� in fretta la scala; il Rosati lo seguiva da vicino e il Massa saliva a due a due gli scalini per non rimanere a distanza. Gi�� sulla piazzetta il sor Domenico invitava tutti a salire e a un tratto la scala fu guernita di persone di ogni ceto che parevano impazienti di mettersi a tavola, e sulla piazza non rimasero altro che alcune donne, due coppie di guardie di pubblica sicurezza addossate al muro e due carabinieri, che camminavano pesantemente in su e in gi�� senza scambiar parola fra di loro.
Appena il principe della Marsiliana comparve nella sala bassa dell'osteria ornata sulla parete principale di
Continue reading on your phone by scaning this QR Code
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the
Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.