Il Comento alla Divina Commedia, e gli altri scritti intorno a Dante, vol. 1 | Page 9

Giovanni Boccaccio
quegli della Faggiuola ne' monti vicini ad Orbino, assai convenevolmente, secondo il tempo e secondo la loro possibilit��, onorato si stette. Quindi poi se n'and�� a Bologna, dove poco stato n'and�� a Padova, e quindi da capo si ritorn�� a Verona. Ma poi ch'egli vide da ogni parte chiudersi la via alla tornata, e di d�� in d�� pi�� divenire vana la sua speranza; non solamente Toscana, ma tutta Italia abbandonata, passati i monti che quella dividono dalla provincia di Gallia, come pot��, se n'and�� a Parigi; e quivi tutto si diede allo studio e della filosofia e della teologia, ritornando ancora in s�� dell'altre scienzie ci�� che forse per gli altri impedimenti avuti se ne era partito. E in ci�� il tempo studiosamente spendendo, avvenne che oltre al suo avviso, Arrigo, conte di Luzimborgo, con volont�� e mandato di Clemente papa V, il quale allora sedea, fu eletto in re de' romani, e appresso coronato imperadore. Il quale sentendo Dante della Magna partirsi per soggiogarsi Italia, alla sua maest�� in parte rebelle, e gi�� con potentissimo braccio tenere Brescia assediata, avvisando lui per molte ragioni dover essere vincitore; prese speranza con la sua forza e dalla sua giustizia di potere in Fiorenza tornare, comech�� a lui la sentisse contraria. Perch�� ripassate l'alpi, con molti nemici di fiorentini e di lor parte congiuntosi, e con ambascerie e con lettere s'ingegnarono di tirare lo 'mperadore da l'assedio di Brescia, accioch�� a Fiorenza il ponesse, s�� come a principale membro de' suoi nemici; mostrandogli che, superata quella, niuna fatica gli restava, o piccola, ad avere libera ed espedita la possessione e il dominio di tutta Italia. E comech�� a lui e agli altri a ci�� tenenti venisse fatto il trarloci, non ebbe perci�� la sua venuta il fine da loro avvisato: le resistenze furon grandissime, e assai maggiori che da loro avvisate non erano; per che, senza avere niuna notevole cosa operata, lo 'mperadore, partitosi quasi disperato, verso Roma drizz�� il suo cammino. E come che in una parte e in altra pi�� cose facesse, assai ne ordinasse e molte di farne proponesse, ogni cosa ruppe la troppo avacciata morte di lui: per la qual morte generalmente ciascuno che a lui attendea disperatosi, e massimamente Dante, sanza andare di suo ritorno pi�� avanti cercando, passate l'alpi d'Appennino, se ne and�� in Romagna, l�� dove l'ultimo suo d��, e che alle sue fatiche doveva por fine, l'aspettava.

XII
DANTE OSPITE DI GUIDO NOVEL DA POLENTA
Era in que' tempi signore di Ravenna, famosa e antica citt�� di Romagna, uno nobile cavaliere, il cui nome era Guido Novel da Polenta; il quale, ne' liberali studi ammaestrato, sommamente i valorosi uomini onorava, e massimamente quegli che per iscienza gli altri avanzavano. Alle cui orecchie venuto Dante, fuori d'ogni speranza, essere in Romagna (avendo egli lungo tempo avanti per fama conosciuto il suo valore) in tanta disperazione, s�� dispose di riceverlo e d'onorarlo. N�� aspett�� di ci�� da lui essere richiesto, ma con liberale animo, considerata qual sia a' valorosi la vergogna del domandare, e con proferte, gli si fece davanti, richiedendo di spezial grazia a Dante quello ch'egli sapeva che Dante a lui dovea dimandare: cio�� che seco li piacesse di dover essere. Concorrendo adunque i due voleri a un medesimo fine, e del domandato e del domandatore, e piacendo sommamente a Dante la liberalit�� del nobile cavaliere, e d'altra parte il bisogno strignendolo, senza aspettare pi�� inviti che 'l primo, se n'and�� a Ravenna, dove onorevolemente dal signore di quella ricevuto, e con piacevoli conforti risuscitata la caduta speranza, copiosamente le cose opportune donandogli, in quella seco per pi�� anni il tenne, anzi infino a l'ultimo della vita di lui.

XIII
SUA PERSEVERANZA AL LAVORO
Non poterono gli amorosi disiri, n�� le dolenti lagrime, n�� la sollecitudine casalinga, n�� la lusinghevole gloria de' publici ofici, n�� il miserabile esilio, n�� la intollerabile povert�� giammai con le lor forze rimuovere il nostro Dante dal principale intento, cio�� da' sacri studi; percioch��, s�� come si veder�� dove appresso partitamente dell'opere da lui fatte si far�� menzione, egli, nel mezzo di qualunque fu pi�� fiera delle passioni sopradette, si trover�� componendo essersi esercitato. E se, obstanti cotanti e cos�� fatti avversari, quanti e quali di sopra sono stati mostrati, egli per forza d'ingegno e di perseveranza riusc�� chiaro qual noi veggiamo; che si pu�� sperare ch'esso fosse divenuto, avendo avuti altrettanti aiutatori, o almeno niuno contrario, o pochissimi, come hanno molti? Certo, io non so; ma se licito fosse a dire, io direi ch'egli fosse in terra divenuto uno iddio.

XIV
GRANDEZZA DEL POETA VOLGARE-SUA MORTE
Abit�� adunque Dante in Ravenna, tolta via ogni speranza di ritornare mai in Firenze (comech�� tolto non fosse il disio) pi�� anni sotto la protezione del grazioso signore; e quivi con le sue dimostrazioni fece pi�� scolari in poesia e
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