Il Benefattore | Page 8

Luigi Capuana
con impeto.--Se la conosceste da vicino! �� pi�� assennata di una vecchia. Parla senza ipocrisie, ma con dignitoso contegno. Si rimane a bocca aperta udendola ragionare. E quante cose sa? E quante cose sa fare! Musica, canto, pittura. E non dico delle faccende di casa! Bada a tutto, alla cucina, al pollaio, ai fiori. Trova tempo per tutto, per la carit�� soprattutto. Le vostre nepoti, lasciatemelo dire, che fanno? La calza, il cucito, e sanno appena leggere e scrivere... E poi, al balcone da mattina a sera. Non dico che sia male tentar di acchiappare un marito; �� cosi difficile al giorno d'oggi!
--�� un'altra cosa! �� un'altra cosa!
--Restate qui... Perch�� non cercate di convertirla? Fareste il vostro dovere--disse il notaio con un che di malizia.
--Induritum est cor Pharaonis!
--Che ne sapete? �� cos�� buona! Sarebbe un trionfo per voi.
Ma il canonico scapp�� lestamente, vedendo spuntare dal vicolo miss Elsa con don Liddu.

VII.
Come il canonico aveva previsto, il figlio del Sindaco (non lo chiamavano altrimenti, quasi il nome di Paolo Jenco fosse stato pi�� lungo a pronunziare) si era accostato a miss Elsa appena ella aveva fatto pochi passi nella piazzetta.
--Ah! Non �� partito?--esclam�� meravigliata, porgendogli la mano.
--Fortunatamente, no, signorina!
--Volevo dire: Come mai non �� partito?
--Induger�� ancora un'altra settimana. Sarei venuto al cottage a congedarmi.
--Don Liddu, voi potete andarvene--disse miss Elsa.--Mi fermer�� un po' dal notaio.
Don Liddu esit�� un istante.
--Oh, non abbiate paura!--soggiunse la signorina che aveva capito.--Avr�� un cavaliere, caso mai... Don Liddu non sa ancora capacitarsi che una signorina possa permettersi di fare qualche miglio per la campagna, sola sola...--ella continu�� rivolgendosi al giovane.
E rideva.
--E se suo pap�� mi domandasse...--disse don Liddu per scusarsi.
--Non vi domander�� niente--rispose miss Elsa.--Mio padre vuol saperlo soltanto da me quel che faccio o non faccio. Non ho segreti per lui.
--Voscenza ha ragione!
--Povero don Liddu! Va via mortificato--disse Paolo Jenco, senza nascondere il piacere che sentiva di poter accompagnare miss Elsa.
Ella si avvi�� lesta e sorridente verso la Banca notarile, seguita dal giovane che la guardava ammirandola in silenzio.
--Cara signorina, io la ringrazio--disse il notaio La Bella venendole incontro.
--Debbo ringraziarla io invece--rispose miss Elsa.--Ma non vi �� un ospedale qui? Quella poveretta �� malata gravemente; a casa manca di tutto; non ha chi l'assista. I suoi figliuoli sono troppo bambini.
--S��, l'ospedale c'��; nessuno per�� vuole andarvi, neppure i pi�� miserabili. Credono che medici e infermieri li lascino morire, per sbarazzarsene; ed �� pregiudizio invincibile. Forse interamente non hanno torto. Quell'amministrazione �� un caos!
--Ne parler�� a suo padre che �� il Sindaco--disse miss Elsa.
--Inutilmente--rispose il giovane.--Bisognerebbe portar l�� i malati con la forza. Sarebbe peggio.
--O persuaderli col curarli bene.
--�� inutile--replic�� il notaio.
--Possibile? Dio mio!
Il viso di miss Elsa si atteggi�� a un doloroso stupore che la rendeva pi�� bella.
--Il male di qui, di voialtri tutti--ella riprese--�� questa rassegnazione mussulmana. Dite:--�� inutile!--e non operate, non vi sforzate a vincere quel che vi sembra fatalit��.
--�� proprio cos��!--approv�� il notaio.
--Eppure in molte altre cose avete tanta energia!
--Nel male--disse Paolo Jenco.
--Non �� vero. Nel lavoro, per esempio, il vostro contadino �� ammirabile. Cos�� parco, cos�� ubbidiente, quando �� guidato bene! Cos�� buono, quando non si vede maltrattato! I signori qui non capiscono che non dovrebbero comportarsi coi contadini come con schiavi da sfruttare. Mio padre dice che i contadini siciliani non hanno uguali.
--Li ha un po' viziati suo padre. Lo pensano tutti in paese.
--Ed io aggiungo--fece il notaio--che non gli sono molto grati.
--Sono ignoranti; �� forse per questo. Ma non �� colpa loro.
--E noi galantuomini siamo peggio. Certe volte, io mi vergogno di essere siciliano!
--Eccede!--lo ammon�� miss Elsa.
Paolo Jenco scosse la testa, negando.--Riconoscere i propri difetti �� gi�� un bel passo--ella riprese.--Ma non basta. Lei che �� giovane pu�� far molto. Dia l'esempio di una vita nuova.
--Io? Ma io non posso niente. Mio padre non mi permette nessun'iniziativa. Ho ventitr�� anni e mi stima ancora un bambino. Quando ne avr�� quaranta, sar�� lo stesso. La patria potest�� �� terribile tra noi, come presso gli antichi romani. Ribellarsi ad essa �� atto pazzo quasi quanto sbattere la testa contro una parete di bronzo.
--�� vero! �� vero!--conferm�� il notaio.
--Educati a questo modo--riprese Paolo Jenco--noi perdiamo ogni energia. E quando, troppo tardi, siamo liberi di fare a modo nostro, continuiamo la tradizione. Ripetiamo, precisamente, quel che �� stato fatto con noi. Ci vorranno secoli per mutarci.
--I secoli passano presto--disse miss Elsa, sorridendo.
Un ragazzino, coperto malamente da quattro stracci, si era avvicinato e stava ad ascoltare con le mani dietro alla schiena, gli occhi neri spalancati, intenti alla bella signorina, che l'osservava di sfuggita--se n'era accorto--e che parlava una lingua di cui egli capiva soltanto poche frasi.
--Vuoi venire, laggi��, da me? Ti far�� il ritratto--gli disse miss Elsa.--Bel tipo arabo!--soggiunse rivolta a Paolo, senza attendere la risposta del ragazzino--Vuoi venire?
--Quando?--egli domand��.
--Domattina.
--Che ne far�� del ritratto?
--Quello lo terr�� io; ti regaler�� un vestito; la tua
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