riapparissero nel mondo col nome di nazione, mentre nella storia come nella vita non vi sono e non vi possono essere risorti. Quali idee riapportavano dunque la nuova Italia e la nuova Grecia? Come dalle sue generazioni decrepite, per replicate infusioni di sangue barbaro e di idee civili, era sorta un'altra gente? Quale secreto veniva essa a rivelare? Dov'erano i segni della sua nuova vita, i testimoni della sua legittimit��? Nell'attuale civilt��, che mischiando tutti i popoli ha fusi tutti i caratteri, certo �� ben pi�� difficile il distinguere le nazionalit�� spirituali che non nella storia antica ancora senza unit�� apparente e tutta occupata dall'antagonismo delle razze onde era composta: ma poich�� la storia �� una tragedia, nella quale ogni popolo �� un personaggio che deve avere qualche cosa a dire o a fare, bisogna pure riconoscerli tutti sotto pena di non comprenderne alcuno.
L'Italia moderna deve avere quindi alcuni uomini grandi diversi da quelli che formarono l'Italia antica, perch�� nella storia non vi sono duplicati e ogni grande vi �� fatalmente originale. Quali erano dunque le figure veramente nuove dell'ultima Italia? Da quali caratteri derivava la loro originalit��? La nostra rivoluzione figlia del 89 perch�� aveva tardato mezzo secolo a prodursi e che cosa aggiungeva ai principii che l'avevano creata, al disegno storico nel quale entrava? Conchiusa entro la monarchia costituzionale dei Savoia, la pi�� vecchia, la pi�� abile se non sempre la pi�� illustre e generosa delle case dinastiche d'Italia, non aveva certamente avuto origine monarchica, mentre tutti gli eroismi di pensiero e di azione, coi quali aveva trionfato, sembravano aspirare a una forma pi�� alta e pi�� pura di governo: e nullameno una piccola monarchia montanara, della quale le ultime tradizioni erano meno che gloriose, l'aveva costretta nel proprio ��mbito, coordinando il suo impeto e profittando delle sue vittorie, logorando il suo entusiasmo e organizzando i suoi bisogni, uccidendo il suo ideale e rianimando i suoi interessi.
Se la forma monarchica aveva vinto sulla repubblicana, la vittoria era legittima, poich�� nella storia i deboli e quindi i falsi non vincono mai; non pertanto questa vittoria poteva bene non aver creato la forma definitiva della rivoluzione, se alla morte di Garibaldi, il vinto volontario, i vincitori non osavano fiatare e tutto il popolo si levava altero in faccia alla monarchia, che aveva seppellito nella volgarit�� di un immenso trionfo artificiale il proprio re.
Vittorio Emmanuele dormiva sotto la v?lta del Panteon, deformato a tempio cristiano, in un silenzio di abbandono che i passi della guardia d'onore rompevano soli; ma Garibaldi vigilava ancora sullo scoglio di Caprera e Mazzini intendeva dai colli di Staglieno, mentre Cavour che li aveva entrambi avversati e battuti, riposava quasi dimenticato nel santuario di Superga.
Questi, forse il pi�� destro e profondo politico di questo secolo, afferrando subitamente l'antitesi di una temporanea necessit�� monarchica nel moto repubblicano, vi aveva soverchiato le due massime figure, senza riuscire vincendo a mettere nel proprio governo un'anima schiettamente rivoluzionaria e moderna. Tutti, aderenti e ripugnanti, avevano sentito nella fatalit�� di questo processo che la repubblica era immatura, ma che la monarchia non poteva essere longeva. Quindi gl'interessi sopraffecero i sentimenti, Garibaldi ripar�� a Caprera e Mazzini rimase nell'esilio. Ma in essi solo era la vitalit�� e la legittimit�� della nuova Italia.
Italiani come l'Italia non ne aveva pi�� avuto dopo Dante e Michelangelo essi furono mondiali: nel piccolo moto nazionale riassunsero tutti i principii dell'evo moderno, vincendo in Italia le loro vittorie appartennero a tutto il mondo. La rivoluzione del 89, che dopo l'Impero napoleonico la Francia non aveva potuto continuare fuori di s�� stessa, ridivenne per opera loro universale. Se l'Italia non avesse prodotto Mazzini e Garibaldi non sarebbe risorta: essi furono i rappresentanti della sua terza giovinezza che ricominciava un'era nuova pel mondo. Quindi tutti i popoli se li appropriarono. Ogni moto liberale della prima met�� di questo secolo si fece nel loro nome, per tutte le sconfitte ci fu del loro sangue, in tutte le vittorie ci fu del loro genio. La razza latina che aveva fatto la rivoluzione in Francia con Danton e distrutta l'Europa feudale con Napoleone, creava l'Europa liberale con Garibaldi e con Mazzini; mentre il suo antico genio dell'impero insegnava a tutti con Cavour la disciplina necessaria alla rivoluzione per riuscire feconda nelle inevitabili transazioni storiche. Ma Cavour ebbe molti rivali in questo secolo, bench�� nessuno di loro potesse poi forse vantare risultati simili ai suoi, e Gladstone in Inghilterra, Bismark in Prussia, Fr��re Orban nel Belgio, Gambetta in Francia mostrarono nelle combinazioni parlamentari e diplomatiche un ingegno e una scienza certo non inferiore alla sua.
La rivoluzione italiana per�� rimase e rimarr�� eternamente incarnata in Garibaldi e in Mazzini: Ercole e Prometeo, tanto maggiori oggi di quanto il mondo antico greco �� inferiore al mondo moderno.
E il comizio fin�� freddamente.
Me ne ricordo: il pubblico era accigliato,
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