Divina Commedia: Paradiso | Page 8

Dante Alighieri
il latte?de la sua madre, e semplice e lascivo?seco medesmo a suo piacer combatte!?.
Cos�� Beatrice a me com�� ?o scrivo;?poi si rivolse tutta dis?ante?a quella parte ove ��l mondo �� pi�� vivo.
Lo suo tacere e ��l trasmutar sembiante?puoser silenzio al mio cupido ingegno,?che gi�� nuove questioni avea davante;
e s�� come saetta che nel segno?percuote pria che sia la corda queta,?cos�� corremmo nel secondo regno.
Quivi la donna mia vid�� io s�� lieta,?come nel lume di quel ciel si mise,?che pi�� lucente se ne f�� ��l pianeta.
E se la stella si cambi�� e rise,?qual mi fec�� io che pur da mia natura?trasmutabile son per tutte guise!
Come ��n peschiera ch���� tranquilla e pura?traggonsi i pesci a ci�� che vien di fori?per modo che lo stimin lor pastura,
s�� vid�� io ben pi�� di mille splendori?trarsi ver�� noi, e in ciascun s��udia:??Ecco chi crescer�� li nostri amori?.
E s�� come ciascuno a noi ven��a,?vedeasi l��ombra piena di letizia?nel folg��r chiaro che di lei uscia.
Pensa, lettor, se quel che qui s��inizia?non procedesse, come tu avresti?di pi�� savere angosciosa carizia;
e per te vederai come da questi?m��era in disio d��udir lor condizioni,?s�� come a li occhi mi fur manifesti.
?O bene nato a cui veder li troni?del tr?unfo etternal concede grazia?prima che la milizia s��abbandoni,
del lume che per tutto il ciel si spazia?noi semo accesi; e per��, se disii?di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia?.
Cos�� da un di quelli spirti pii?detto mi fu; e da Beatrice: ?D��, d��?sicuramente, e credi come a dii?.
?Io veggio ben s�� come tu t��annidi?nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,?perch�� e�� corusca s�� come tu ridi;
ma non so chi tu se��, n�� perch�� aggi,?anima degna, il grado de la spera?che si vela a�� mortai con altrui raggi?.
Questo diss�� io diritto a la lumera?che pria m��avea parlato; ond�� ella fessi?lucente pi�� assai di quel ch��ell�� era.
S�� come il sol che si cela elli stessi?per troppa luce, come ��l caldo ha r��se?le temperanze d��i vapori spessi,
per pi�� letizia s�� mi si nascose?dentro al suo raggio la figura santa;?e cos�� chiusa chiusa mi rispuose
nel modo che ��l seguente canto canta.
Paradiso �� Canto VI
?Poscia che Costantin l��aquila volse?contr�� al corso del ciel, ch��ella seguio?dietro a l��antico che Lavina tolse,
cento e cent�� anni e pi�� l��uccel di Dio?ne lo stremo d��Europa si ritenne,?vicino a�� monti de�� quai prima usc��o;
e sotto l��ombra de le sacre penne?govern�� ��l mondo l�� di mano in mano,?e, s�� cangiando, in su la mia pervenne.
Cesare fui e son Iustin?ano,?che, per voler del primo amor ch��i�� sento,?d��entro le leggi trassi il troppo e ��l vano.
E prima ch��io a l��ovra fossi attento,?una natura in Cristo esser, non pi��e,?credea, e di tal fede era contento;
ma ��l benedetto Agapito, che fue?sommo pastore, a la fede sincera?mi dirizz�� con le parole sue.
Io li credetti; e ci�� che ��n sua fede era,?vegg�� io or chiaro s��, come tu vedi?ogni contradizione e falsa e vera.
Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,?a Dio per grazia piacque di spirarmi?l��alto lavoro, e tutto ��n lui mi diedi;
e al mio Belisar commendai l��armi,?cui la destra del ciel fu s�� congiunta,?che segno fu ch��i�� dovessi posarmi.
Or qui a la question prima s��appunta?la mia risposta; ma sua condizione?mi stringe a seguitare alcuna giunta,
perch�� tu veggi con quanta ragione?si move contr�� al sacrosanto segno?e chi ��l s��appropria e chi a lui s��oppone.
Vedi quanta virt�� l��ha fatto degno?di reverenza; e cominci�� da l��ora?che Pallante mor�� per darli regno.
Tu sai ch��el fece in Alba sua dimora?per trecento anni e oltre, infino al fine?che i tre a�� tre pugnar per lui ancora.
E sai ch��el f�� dal mal de le Sabine?al dolor di Lucrezia in sette regi,?vincendo intorno le genti vicine.
Sai quel ch��el f�� portato da li egregi?Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,?incontro a li altri principi e collegi;
onde Torquato e Quinzio, che dal cirro?negletto fu nomato, i Deci e �� Fabi?ebber la fama che volontier mirro.
Esso atterr�� l��orgoglio de li Ar��bi?che di retro ad Anibale passaro?l��alpestre rocce, Po, di che tu labi.
Sott�� esso giovanetti tr?unfaro?Scip?one e Pompeo; e a quel colle?sotto ��l qual tu nascesti parve amaro.
Poi, presso al tempo che tutto ��l ciel volle?redur lo mondo a suo modo sereno,?Cesare per voler di Roma il tolle.
E quel che f�� da Varo infino a Reno,?Isara vide ed Era e vide Senna?e ogne valle onde Rodano �� pieno.
Quel che f�� poi ch��elli usc�� di Ravenna?e salt�� Rubicon, fu di tal volo,?che nol seguiteria lingua n�� penna.
Inver�� la Spagna rivolse lo stuolo,?poi ver�� Durazzo, e Farsalia percosse?s�� ch��al Nil caldo si sent�� del duolo.
Antandro e Simeonta, onde si mosse,?rivide e l�� dov�� Ettore si cuba;?e mal per Tolomeo poscia si scosse.
Da indi scese folgorando a Iuba;?onde si volse nel vostro occidente,?ove sentia la pompeana tuba.
Di quel che f�� col baiulo seguente,?Bruto con Cassio ne l��inferno latra,?e Modena e Perugia fu dolente.
Piangene ancor la trista Cleopatra,?che, fuggendoli innanzi, dal colubro?la
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