Beatrice Cenci | Page 3

Francesco Domenico Guerrazzi
lo gittarono alle moltitudini insanite come uno schiavo nel circo delle fiere. Consumato nelle viscere, egli cadde sopra un mucchio di rovine e di speranze; e non pertanto, morendo, lasciava alle genti il desiderio di costumi migliori, e di tempi meno infelici. Le sue dita, con ultimo moto, segnarono per testamento sopra questa terra desolata le parole: virt��, libert��.?
NOTA
[1] ?My curse shall be forgiveness?. Byron, Child Harold, C. IV.

CAPITOLO I.
FRANCESCO C��NCI
Per tutti i cerchi dello Inferno oscuri Spirto non vidi in Dio tanto superbo. DANTE
Non so se pi�� soave, ma certamente simile alla Madonna della Seggiola di Raffaello avrebbe dipinto un quadro colui, che avesse tolto a imitare per via di colori il gruppo, che stava aspettando Francesco C��nci nella sala del suo palazzo. Una sposa di forse venti anni, seduta sopra i gradini di un finestrone, teneva al petto il suo pargolo; e dietro alla sposa un giovane di egregie sembianze, col volto basso, contemplava cotesto spettacolo di amore: egli solleva le mani giunte e alquanto piegate verso la spalla sinistra, per ringraziare Dio di tanta prosperit�� che gli manda. La sembianza e lo atteggiamento dimostrano come in quel punto lo commuovano tre affetti, che fanno l'uomo divino. Le mani erano a Dio, lo sguardo al figlio, il sorriso alla sposa.--Per�� la donna non vedeva cotesto sorriso, ch�� lei assorbivano intera i doveri e la dignit�� di madre. Il fanciullo sembrava un angiolo, il quale avesse smarrita la via per tornarsene in cielo.
Ma dall'altra parie della sala stava disteso sopra un pancone un uomo, che sembrava avesse fornito a Michelangiolo il modello di taluno de' suoi famosi crepuscoli. Appena mostrava il volto, celato sotto il cappello di larghe falde e conico di forma. La barba avea lunga, rabbuffata e grigia; la pelle, simile a quella che Geremia deplora nei figliuoli di Sion, tinta di cenere come il pavimento del forno[1]. Si avviluppava dentro un ampio tabarro: le gambe e i piedi, l'uno soprammesso all'altro, aveva calzati di sandali, giusta il costume degli uomini del contado di Roma. Forse egli era armato, ma teneva le armi nascoste; per�� che la Corte Romana, dopo papa Sisto V, procedesse molto rigidamente in simile faccenda.
Chiunque, in mezzo della sala, avesse posto mente prima al gruppo dell'amorosa famiglia e poi a quell'uomo, avrebbe ricordato il detto della Scrittura: divise le tenebre dalla luce[2].
Due giovani gentiluomini passeggiavano per la sala, taluni con veloci e talora con tardi passi, ricambiando parole a voce alta, o sommessa. Il primo aveva la pelle chiazzata di vermiglio come macchie di erpete; dalle pupille nere, luccicanti traverso i cigli infiammati, traluceva la ferocia, mescolata ad un certo smarrimento mentale: rari ed irti i capelli: sozzi i denti: il naso camuso e le guance flosce lo arieggiavano col cane da presa. Le vesti, comecch�� nobilissime, erano scomposte: la parola usciva impetuosa e roca dai labbri riarsi: accenti impuri, cui forse natura per rendere pi�� laidi volle accompagnati con fetido fiato: rotti e continui i moti delle spalle, dei bracci e del capo. Il delitto stava l�� dentro come un vulcano prossimo a prorompere.
L'altro poi era pallido, e di aspetto gentile: copiosa e ben composta la chioma bionda, tardo e mesto a guardare e a parlare: sovente distratto: qualche volta sospiroso: si fermava, trasaliva, la commozione interna svelava col tremito del labbro superiore, e coll'agitarsi degli estremi peli dei baffi. Le vesti, i nastri, le trine del colletto e delle maniche elegantissime. Chiunque lo avesse veduto avrebbe esclamato a prima giunta: costui sospira.
In tonacella senza ferraiolo, simile ad una gazza che inquieta ed obliqua saltella per casa, ecco un prete guizzare qua e l��, dandosi la maggior pena del mondo per trarre a se l'attenzione degli astanti, o almeno di taluno fra loro. Egli favellava della state e del verno, del caldo e del freddo, della sementa e della raccolta, ma nessuno gli attendeva: talora domandava se in quel giorno avrebbe potuto avere la degnazione di parlare con sua Eccellenza il clarissimo signor Conte; tal altra a quale ora egli soleva levarsi, e a quale asciolvere; se costumava spendere molto tempo attorno alle mondizie della persona, e se tutti i giorni desse udienza;--era fiato gettato: nessuno gli rispondeva, per�� che gli sposi rimanessero estatici nella loro letizia; il villano paresse una statua di bronzo; il gentiluomo dal volto vermiglio lo avesse squadrato cos�� di traverso, da mettergli i brividi addosso; il gentiluomo dal volto pallido lo fissasse come uomo piovuto dalle nuvole. Il povero prete stava per dare del capo nei muri: proprio per disperazione, di tanto in tanto apriva il breviario e leggeva; ma col sembiante di chi trangugia medicine amare: gli occhi gli sdrucciolavano gi�� per le pagine: avresti detto che avesse recato seco cotesto libro, come colui che va ad annegarsi si porta il sasso per legarselo al collo.
Il
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