Beatrice Cenci | Page 6

Francesco Domenico Guerrazzi
Ah! mi sei fuggita, ma io ti arriverò:--nessuno ha da scapparmi di mano--nessuno.--Quale silenzio è questo accanto a me! Che pace qui in casa mia! Riposano:...--dunque non gli atterrisco io?--Marzio.
Il cameriere chiamato accorreva prontissimo.
--Marzio, riprese il Conte, la famiglia che fa?
--Dorme.
--Tutti?
--Tutti; almeno sembra, poichè ogni cosa sia tranquilla in casa.
--E quando io non posso dormire ardiscono riposare in casa mia?--Va', guarda se veramente dormono; oreglia alle stanze, in ispecie quella di Virgilio; sprangale pianamente per di fuori, e torna.
Marzio andò.
--Costui, continuava il Conte, sopra gli altri aborrisco; sotto quella superficie di ghiacciata mansuetudine non iscorrono meno veloci le acque della ribellione: aspide senza lingua, non però senza veleno. Quanto mi tarda, che tu muoia!--
Marzio, tornando, confermava:
--Dormono tutti, anche don Virgilio; ma di sonno travagliato, per quanto può giudicarsi dall'anelito febbrile.
--L'hai sprangata fuori?
Marzio col capo accennò affermativamente.
--Bene; prendi questo archibugio, sparalo traverso l'uscio della stanza di Virgilio, e poi urla con quanto hai di fiato nella gola:--al fuoco! al fuoco!--Così insegnerò a costoro dormire mentre io veglio.
--Eccellenza....
--Che hai?
--Io non le dirò: pietà del ragazzo, che pare ridotto _in extremis_....
--Continua....
--Ma la è cosa da mettere sottosopra il vicinato.
Il Conte, senza punto turbarsi, pose chetamente la mano sotto al capezzale; e, trattane fuori una pistola, la spiana improvviso contro il cameriere, che tramutò in volto per terrore, e con voce soave gli disse:
--Marzio, se un'altra volta invece di obbedire attenterai contradirmi, io ti ammazzerò come un cane:---va'.
Marzio andò più che di passo ad eseguire il comando.
è impossibile descrivere con quanto terrore fossero destati le donne e il fanciullo. Balzano da letto, si avventano contro gli usci; ma non li potendo aprire urlano, pregano si dica loro lo accaduto, per amore di Dio aprano, dalla tremenda ansietà gli liberino. Nessuna risposta: spossati tornano a gittarsi sul letto, travagliandosi per un sonno affannoso.
Dopo forse due ore il Conte chiama di nuovo il cameriere, e lo interroga:
--Fa giorno?....
--Eccellenza no.
--Perchè non fa giorno?...
Marzio si strinse nelle spalle. Il Conte tentennando il capo, quasi per irridere se stesso della domanda strana, riprese:
--E quanto tarderà ancora a spuntare l'alba?
--Un'ora.--
--Un'ora!--Ma un'ora è un secolo, è una eternità per chi non può dormire, o mio... sta a vedere, che per poco non aggiungeva--Dio.--Dicono il sonno amico dei santi: se questo fosse, io avrei a dormire quanto i sette dormienti insieme! Che fare adesso? Ah! spendiamo questo avanzo di notte in qualche opera meritoria;--educhiamo Nerone.--
E ordinava a Marzio prendesse certo uomo di paglia, e lo portasse in sala dove mettevano capo le camere delle donne e del fanciullo: egli poi trasse Nerone in altra stanza, lo aizzò, lo inasprì, e poi, spalancato allo improvviso l'uscio, lo avventò contro l'uomo di paglia. Il cane, cieco di rabbia, si lancia a balzi contro il simulacro, e lo strazia latrando disperatamente. Il Conte traeva maraviglioso sollazzo a contemplare le prove di cotesta belva, e a Marzio, che gli si era accostato, così favellò:
--Questo è il figlio della mia predilezione, come disse la voce sul Giordano; e lo educo, a Dio piacendo, a difendermi dai nemici, ed anche dagli amici; in ispecial modo dai miei figli dilettissimi; dalla consorte più diletta ancora, ed anche un po' da te--e toccava la spalla al cameriere--mio lealissimo Marzio.
Così empita di spavento e di terrore la casa tornò alla stanza, dove la natura, vinta dalla spossatezza, lo costrinse a breve sonno e interrotto. Quando si alzò era torbido in vista.
--Ho fatto mal sonno, Marzio.... mi son sognato che stava a mangiare co' miei defunti. Questo denota morte vicina. Prima però ch'io vada a mangiare costà, bene altri, Marzio, bene altri mi avranno preceduto ad apparecchiarmi la tavola.
--Eccellenza, sono giunte lettere dal Regno per cavallari apposta....
Il Conte sporse la mano per riceverle. Marzio continuava:
--E di Spagna col corriere ordinario; le ho messe tutte sul banco dello studio.
--Bene: andiamo....
E sorretto da Marzio, accompagnato da Nerone, si avviava allo studio.
Sorgeva appena un magnifico sole di agosto, il quale tingeva in oro co' giovanetti raggi l'azzurro emisfero. Unica gloria, dacchè la viltà nostra ci ha tolto perfino quello, che sembrava a perdersi impossibile--il sentimento della nostra abiezione. Dio! Oh come grandi hanno da essere le nostre colpe e la tua ira, se nè pianto, nè sangue, nè nulla vale a fecondare sopra questa terra un fiore di virtù!
Il Conte si appressò al balcone, e, fissato il maestoso luminare, mormorò detti segreti. Marzio, letiziato a tanta bellezza di cielo e di luce, non potè trattenersi da esclamare:
--Sole divino!
A queste parole gli occhi del Conte, per ordinario spenti, corruscarono a modo di baleno dentro una nuvola, e gli avventò contro al cielo. Se è vero che Giuliano l'apostata lanciasse contro il cielo il sangue, che gli scorreva dalla ferita mortale, deve averlo gittato come quel guardo, e con quella intenzione.
--Marzio, se il sole fosse una candela, che soffiandovi sopra potesse spegnersi, la spegneresti tu?
--Io? Le pare,
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