Amedeide | Page 4

Gabriello Chiabrera
volendo far debiti in Savona, per certa alterezza, volgevasi in Genova alle persone da lui celebrate: siccome al P. Abate D. Angelo Grillo, patrizio Gianvincenzo Imperiale; e quando i creditori ridomandavano la somma cortesemente prestata, il Poeta che non sempre aveva alla mano la moneta, forte si doleva, e ricordava l'amicizia, e i versi scritti in encomio del creditore. Ma l'Imperiale, uomo vano anzich�� gentile, non volle appagarsi di lodi; e convenne al CHIABRERA pagarlo con una tavola del Tiziano. Il pittore Bernardo Castello, che non dipingeva senz'averne l'indirizzo dall'amico Poeta per la composizione, o storia, doveva sempre ricambiarne i consigli con qualche disegno di pittore insigne, o con un suo lavoro suggerito dal CHIABRERA. Le quali cose si volevano accennare, acciocch�� si conosca che GABRIELLO aveva di che vivere in aurea mediocrit��; e infatti, senza le pensioni che gli pagavano il Granduca di Toscana e il Duca di Mantova, egli stava nel catasto delle taglie per dieci mila scudi; somma rilevante a quel tempo in un gentiluomo privato; e veggiamo che la moglie teneva almeno due servigiali; e non mancava un servitore al marito.
Ma di un sommo poeta non si deggiono cos�� ricercare le notizie della vita domestica, come quelle degli studj e degli onori per essi ottenuti. GABRIELLO CHIABRERA, uscito dagli anni della prima giovent��, e dalle istituzioni puerili, cominci�� a praticare in Roma con Paolo Manuzio amico di Massimo suo fratello, e ascoltavalo ragionare: poi recandosi alla Sapienza, udiva leggere Marcantonio Mureto, ed ebbe con lui familiarit��: avvenne poi che Sperone Speroni fece stanza in Roma, e con lui domesticamente tratt�� molti anni; e da questi uomini chiarissimi raccoglieva ammaestramenti. Que' sommi latinisti, Manuzio e Mureto, gli fecero nascere desiderio di poetare nell'antica lingua de' Romani; ma non istette molto ad avvedersi che i primi seggi erano gi�� tenuti da uomini famosi; e si volse alla lingua italiana; confortatovi eziandio (come si vuol credere) da Sperone Speroni. Diedesi dunque a studiare ne' primi fondatori dell'idioma toscano, e specialmente in Dante, nel Petrarca, e nel Boccaccio: tra' meno antichi pregi�� sopra tutti l'Ariosto. Con presidj s�� fatti, e coll'aggirarsi per la Toscana, venne a tanto di perfezione che s�� nella poesia, come nella prosa, egli �� scrittore pieno di urbanit��, di grazia non affettata, e cos�� puro che l'Antologia di Firenze, disse del suo scrivere quelle parole dell'Alighieri:
?........ ma Fiorentino?Mi sembri veramente quand'io t'odo.?
Allo studio della italiana congiunse quello della lingua greca; e tanto s'invagh�� della perfezione de' greci poeti, che volendo lodare alcuna cosa, come perfetta, era solito dire: _�� poesia greca._ Omero metteva innanzi a tutti; ed essendovi gi�� fino da que' tempi alcuni detrattori dell'altissimo poeta, egli affermava odorare di sciocchezza chi non intendeva le bellezze omeriche. Di Pindaro prendeva singolar maraviglia. Quanto fosse studioso di Anacreonte, chiaramente appare dall'averlo imitato felicemente. In Virgilio lodava il verseggiare nobilissimo e il parlar figurato. A Dante dava gran vanto per la forza del rappresentare e particoleggiar le cose, le quali egli scrisse; ed a Lodovico Ariosto similmente; cui era solito dare il titolo di _grande_. Leggeva molto Orazio, e sovente ne cita i detti, o li trasporta in italiano con felicit�� incomparabile: mi serva il riportare questo verso,
Il taciuto valor quasi �� viltade,
bellissima versione di quella sentenza che torment�� sempre i traduttori del Venosino: _paulum distat inertiae celata virtus_. In Orazio commendava la lingua colta, l'eccellenza degli aggiunti, il non avere nulla di soverchio, e l'adornarsi di sentenze morali. E siccome il nostro CHIABRERA avea pur dato opera agli studj sacri, compiacevasi molto del profeta Isaja, ch'�� pure sommo poeta; e negli ultimi anni aveva in costume di portarlo seco insieme con Dante.
Con tanti presidj ed ammaestramenti, e dotato d'ingegno grande, e bramoso di gloria, non poteva il CHIABRERA non levarsi sopra la schiera de' poeti, e giungere a tale di altezza, che altri non avesse speranza di aggiungerlo. Tent�� quasi tutti i generi di poesia, e i pi�� felicemente.
Francesco Maria Zanotti, che soli quattro lirici sommi voleva riconoscere in Italia, tra questi colloc�� il CHIABRERA. Scipione Maffei riconosce due scuole poetiche in Italia, quella del Petrarca e l'altra del CHIABRERA. Antonmaria Salvini affermava niuno meglio del nostro poeta aver inteso il carattere sublime di Pindaro e il vezzoso d'Anacreonte. Ma parecchie difficolt�� fecero contrasto alla gloria del CHIABRERA; cosicch�� il Muratori con ogni ragione lagnavasi che non fosse conosciuto quanto e' meritava. E in primo luogo, lui vivente, si contaminava la letteratura colle gonfiezze e i bisticci del secento; e perci�� coloro che avrebbero dovuto imitarlo, ivano perduti nella pazza scuola de' concetti e delle stravaganze: conobbelo il CHIABRERA negli ultimi anni; e ne diede cenno nelle sue lettere al Giustiniani. I pochi, che bene vedevano la sciocchezza dell'Achillini e de' suoi imitatori, non volendo in tutto allontanarsi dall'uso corrotto, eleggevano una via di mezzo, attenendosi
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