noi.
?Basta! a suo tempo ci penseremo--non è vero? tale è la vostra filosofia; ed io mi congratulo di vedervi sorvolare con tanta leggerezza agli scrupoli dell'avvenire. Ma vi è nel presente qualche cosa di più grave, di più contradditorio, a cui forse non avete ancora badato. I vostri progressi non sono solamente una minaccia che gravita sui vostri contemporanei. Tutte le scoperte che soccorrono ad un bisogno, ad un comodo, o ad un diletto della vita umana--ogni nuovo passo dello spirito inventivo, che, a vostro dire, segna una nuova fase di civilizzazione, moltiplica necessariamente sulla terra il numero degli schiavi, e inchioda più aspramente alla catena quei milioni di paria che voi pretendereste redimere.
?Voi scuotete il capo, signor farmacista! Ciò vi sembra un paradosso... Vi spiegherò il pensiero cogli esempi... Compiacetevi di abbandonare le astrazioni, e di scendere con me sul terreno della vita reale, a cui, se non mi inganno, voi altri liberali vi dimenticate troppo spesso di appartenere.
?Il primo uomo che, camminando per una foresta di vergini piante, corse dietro ad un candido fiocco staccatosi da un ramo, e strofinandolo leggermente fra le dita, concepì il pensiero di ridurlo a filo per tramarne dei tessuti--il primo uomo che si propose coltivare il cotone per farne dei drappi; quell'uomo, nell'ingenua compiacenza di recare un immenso vantaggio alla umanità, segnò la condanna di milioni e milioni di negri--fu l'innocente iniziatore di una mostruosa barbarie, che anche oggigiorno fa inorridire la terra.
?Volgetevi intorno--una occhiata alla vostra mensa--alla vostra guardaroba--ai vostri mobili--ai meccanismi che vi rendono agiata l'esistenza!...
?Dacchè il sale divenne una necessità dei palati istupiditi, parecchi milioni di uomini furono condannati a intisichire onde apprestarvelo. Per variare i vostri foraggi, il riso fu introdotto sulle mense--non importa che migliaia di infelici paghino della loro vita questo capriccio di ghiottoneria. Il paria delle risaie lombarde, dopo aver lottato venticinque anni colle terzane, a trent'anni è vecchio, a quaranta è decrepito, a quarantacinque anni è cadavere.
?I cristalli che vi splendono sulla tavola, i colori brillanti delle vostre tappezzerie, i metalli che servono agli usi più comuni, la luce artifiziale della notte; tutto il lusso, tutti gli agi che vi circondano, narrano la istoria dei vostri progressi con gemiti e strida disperate.
?La locomotiva che attraversa la terra come un conquistatore inebriato di fumo e di possanza; questo sorprendente meccanismo che accelera il moto dell'uomo e la diffusione delle idee--non ha forse relegati nelle cave di carbon fossile migliaia e migliaia di sciagurati, perchè muoiano nelle impure esalazioni a benefizio del progresso che cammina? Esaminatelo attentamente il grande ordigno civilizzatore--studiatelo in ogni sua parte, in ogni suo accessorio--poi fate bene il vostro computo, e ditemi quanti milioni di schiavi sieno necessariamente aggiogati e stritolati alle ruote di questo carro emancipatore!
?Ed ora vediamo un po' come la intendiate! Questi paria, questi schiavi della civiltà, che dovranno necessariamente moltiplicarsi per servire ai nuovi bisogni, ai nuovi comodi del secolo--impareranno anch'essi a leggere, a filosofare con voi? E qual sarà la catena per vincolarli alle cave tenebrose, al maglio rodente delle officine? Forse la coscienza del dovere?--Io credo, signor sindaco, che il vostro cenno affermativo sia un amaro sarcasmo. La coscienza dei propri diritti farà dire a questi paria conculcati: è oramai tempo che i felici del mondo prendano il nostro posto!
?Una volta--ai tempi dell'ignoranza e della superstizione--quando il paesano vegetava nella sua atmosfera più omogenea, quando l'operaio non si era ancora associato all'esaltazione ed all'ateismo--bastava un versetto del vangelo o una parola del curato per mantenere in questo povero popolo la fede del lavoro, e la rassegnazione alla miseria.
?Noi ripetevamo al villano: i ricchi godono la loro porzione di felicità in questo mondo, ma voi ne avrete a ridoppio nell'altro--beati coloro che soffrono, perocchè saranno consolati!--più soffrirete quaggiù, e più grande sarà la vostra esaltazione in paradiso.
?Gli scorati, i dubbiosi avevano fede nella parola del curato; tornavano ai campi, alle officine--lavoravano, soffrivano... e morivano nella speranza.
?Ah! voi credete utile e morale istillare la diffidenza e il sospetto in quei semplici cuori! Che faranno i vostri libri? Distruggeranno la fede e la rassegnazione sotto pretesto di combattere il pregiudizio. La vostra educazione griderà agli schiavi: ?tutti gli uomini hanno uguali diritti?, non è giusto che i milioni lavorino nel pianto perchè i pochi tripudiino nell'abbondanza e nel potere--animo, dunque! insorgete! domandate la porzione che vi spetta!...
?E sapete voi quale sarà la vostra porzione? (proseguì il prete volgendosi ai contadini delle tribune). Dopo avervi rapito il maggior di ogni bene, la fede: dopo avervi spogliati della vostra semplicità, dopo aver mutato la vostra operosa pazienza in disperata ribellione--il giorno in cui domanderete il compenso di una libertà tante volte promessa, sarete appiccati ai gelsi delle vostre campagne, o ricacciati nelle officine a furore di mitraglia.
?No! figliuoli delle officine e dei campi! Non vi lasciate adescare dai falsi apostoli della
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